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Tangenti al comune di Palermo, Cassazione ordina nuovo riesame

Annullate con rinvio, dalla sesta sezione della Cassazione del Tribunale del Riesame di Palermo, le ordinale che avevano confermato gli arresti per tre degli imputati del procedimento denominato 'Giano bifronte'. L’inchiesta, già conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio, è della Procura di Palermo e riguarda le speculazioni edilizie al Comune, avvenute attraverso una serie di presunte corruzioni dirette a favorire la trasformazione di ex aree industriali in zone residenziali. A distanza di oltre 7 mesi dagli arresti eseguiti dai carabinieri e dai finanzieri, i Supremi giudici hanno accolto i ricorsi dei difensori, mettendo in dubbio il quadro accusatorio formulato dai pubblici ministeri.

Dovranno ritornare davanti al riesame palermitano, in diversa composizione da quello che aveva confermato le misure cautelari Mario Li Castri, Giovanni Lo Cascio e Giovanni Lupo. Sono tre dei principali protagonisti, secondo l’assunto accusatorio, di tutta l’indagine. Li Castri è infatti un architetto, ex dirigente dell’amministrazione Orlando, indicato come uno dei componenti della cricca che al Comune avrebbe gestito le speculazioni edilizie. Il termine «cricca» è stato usato dal pentito di mafia Filippo Salvatore Bisconti, architetto pure lui e imprenditore, per definire, oltre a Li Castri, anche gli altri due architetti Fabio Seminerio e Giuseppe Monteleone. La Cassazione ha annullato anche per la posizione di Giovanni Lo Cascio, ex presidente della commissione urbanistica del Consiglio comunale del capoluogo siciliano, esponente del Pd, oggi dimessosi dall’assemblea di Sala delle Lapidi, e per il costruttore Lupo, titolare della Biocasa, l’impresa interessata alle speculazioni, che avrebbe pagato e distribuito favori per ottenere delibere consiliari favorevoli alla trasformazione delle aree industriali. Provvedimento che poi il Consiglio comunale comunque bocciò, per la contrarietà del sindaco Leoluca Orlando e per la presenza di una serie di indizi negativi, che misero in allarme i gruppi consiliari.

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