Considerato "appestato" perchè aveva denunciato il racket e così il costruttore si ritrova senza alcuna ditta disponibile a lavorare per lui. Ad aiutarlo a trovare gente disposta ad eseguire i lavori e consentire di realizzare gli scavi in via Michelangelo a Palermo ci pensano i carabinieri. È quanto emerge dopo il blitz antimafia di ieri che ha portato a 10 arresti nel capoluogo siciliano.
Il costruttore, così come riporta Leopoldo Gargano in un articolo del Giornale di Sicilia in edicola, nel 2017 ha un incontro con Francesco Brusa il proprietario della ditta che doveva fare gli scavi e riceve un avvertimento: prima di iniziare qualsiasi opera nel cantiere il costruttore avrebbe dovuto rivolgersi a terze persone.
L'imprenditore non si piega e Brusa decide di tirarsi fuori e di non lavorare più. Denuncia, però, l'estorsione e scattano le intercettazioni: Brusa finisce sul registro degli indagati ma tirandosi fuori dalla vicenda riesce ad evitare il carcere.
Ad essere interessato all'aera dove si stanno svolgendo i lavori, così come poi racconterà il collaboratore di giustizia Filippo Bisconti, è Balddassare Migliore: voleva imporre al costruttore il pizzo, o magari forniture.
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