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Mafia, Lia Pipitone uccisa per aver disonorato il padre: condannati a 30 anni due boss

Lia Pipitone

Svolta nel caso di Lia Pipitone, assassinata a Palermo nel corso di una finta rapina, all’età di 24 anni, il 23 settembre 1983, per aver "disonorato" il padre. La Corte d’assise d’appello di Palermo ha confermato le condanne a 30 anni ciascuno per i boss Vincenzo Galatolo e Nino Madonia, imputati dell’omicidio della ragazza.

L’assalto a una sanitaria in cui c'era Lia Pipitone servì per camuffare, secondo la ricostruzione dei collaboratori di giustizia, un delitto premeditato. Lo scopo era eliminare Lia, «colpevole» di avere «disonorato» il padre, il boss Nino Pipitone, allacciando una relazione extraconiugale mentre aveva un bambino ancora piccolo.

Pipitone era stato processato e assolto in via definitiva, prima di morire, perché le accuse contro di lui non erano state sufficienti, dato che provenivano da un solo collaboratore di giustizia; in suo favore aveva pure testimoniato il marito della vittima, che aveva escluso che la giovane fosse stata pressata per interrompere la presunta relazione con un lontano parente.

Anche quest’ultimo, Simone Di Trapani, morì in quello stesso lasso di tempo: suicidio, si disse, anche se i pentiti più recenti hanno parlato di un delitto per eliminare colui che sarebbe potuto essere uno scomodo testimone di un omicidio comunque infamante, per Cosa nostra, perché voluto da un padre su una figlia. Ma anche in questo caso c'era un solo pentito, che non basta per condannare. Il figlio della Pipitone, in tenerissima età quando la madre fu uccisa, si è costituito parte civile sia in primo che in secondo grado.

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