Minacce di morte, violenze e intimidazioni: così il clan dell'Acquasanta imponevano il loro potere su commercianti ed esercenti, dal venditore di cala e semienza al ricco imprenditore. Non risparmia nessuno. E la famiglia mafiosa dei Fontana non imponeva soltanto estorsioni ma anche forniture e assunzioni. È uno degli aspetti che emerge dall'inchiesta della Dda di Palermo che martedì ha portato all'arresto di 90 persone fra boss e gregari del clan Fontana.
I boss insomma non vogliono solo i soldi ma puntano anche a piazzare i loro prodotti, in particolare farina, i sacchetti di cartone e carta stagnola. Il modus operandi però è sempre lo stesso: avvertimenti e minacce a cui seguono raid violenti se il commerciante non si era "messo a posto" con quanto imposto dal clan.
Come riporta un articolo di Leopoldo Gargano sul Giornale di Sicilia in edicola, è il caso della «G-Pack srl», una ditta che produce sacchetti di carta e altro materiale per il confezionamento, definita dagli inquirenti «soggetto imprenditoriale espressione dell'associazione mafiosa», sequestrata nel corso del blitz. Secondo l’accusa, per anni i Ferrante avrebbero compiuto «atti di concorrenza sleale imponendo una posizione dominante nella «commercializzazione di carta, sacchetti e altro materiale - scrive il giudice - attraverso la minaccia inequivoca, obbligando i commercianti all'acquisto delle forniture dell'organizzazione».
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