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Palermo, anziano picchiato nella casa di riposo: "Fu tortura, vadano in carcere"

Un frame del video che incastra gli operatori della casa di riposo

Non sottovalutare i segnali di possibili maltrattamenti, dare retta al racconto degli anziani che sono ospiti nelle case di riposo, anche se sono affetti da malattie degenerative o non pienamente lucidi, e poi denunciare. È questo il messaggio che arriva dalla Procura, guidata da Francesco Lo Voi, dopo l'inchiesta che ha coinvolto la comunità alloggio «Anni Azzurri» della Zisa, dove nei confronti dei 5 indagati viene ipotizzato - fatto più unico che raro - persino il reato di tortura.  Come si legge in un articolo sul Giornale di Sicilia a firma di Sandra Figliuolo, è un settore, questo dell'assistenza agli anziani, sul quale l'ufficio giudiziario - attraverso il dipartimento «Fasce deboli», coordinato dal procuratore aggiunto Annamaria Picozzi - si sta concentrando molto.

Per gli operatori ed i gestori della comunità «Anni Azzurri» di via Benedetto Marcello, cioè Brigida Camarda, il marito (impiegato alla Regione) Michele Riccobono, i figli Antonino ed Eduardo, nonché per Rosa Briolotta, l'operatrice «in nero» con reddito di cittadinanza, Picozzi ed il sostituto Maria Rosaria Perricone avevano chiesto il carcere, ma il gip Giuliano Castiglia - non considerando la comunità come «una casa degli orrori» - ha deciso per la misura molto più lieve del divieto di dimora: la Procura impugnerà l'ordinanza per vedere riconosciuti sia il reato di maltrattamenti aggravati nei confronti di tutti e 13 gli anziani ospiti che quello di tortura ai danni di un ultraottantenne disabile. Non capita certo tutti i giorni che venga contestata un'ipotesi grave come quella di tortura che, per l'accusa, in base alle indagini dei poliziotti del commissariato Zisa-Borgo Nuovo, sarebbe pienamente dimostrata.

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