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Stato-mafia, Di Pietro: "Falcone mi disse di controllare gli appalti"

Antonio Di Pietro

Antonio Di Pietro, teste al processo d'appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d'assise d'appello di Palermo. "Conobbi Giovanni Falcone quando era direttore degli Affari penali al ministero della Giustizia - ha detto l'ex pm di Mani pulite -. Eravamo agli inizi di Mani Pulite, Falcone fu il mio maestro nel campo delle rogatorie e mi disse di controllare gli appalti in Sicilia. Cioè l'indicazione era capire se imprese del Nord si fossero costituite in associazioni temporanee di imprese con imprenditori siciliani per l'aggiudicazione di lavori nell'isola".

Di Pietro è stato citato dalla difesa di uno degli imputati, l'ex capo del Ros Mario Mori, imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato. "Di appalti e della necessità di discutere insieme dell'argomento parlai anche con Borsellino. Decidemmo di fare il punto insieme, ma non ci fu il tempo di farlo", ha aggiunto.

"Davanti alla bara di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino mi disse: 'dobbiamo fare presto, dobbiamo vederci o sentirci nei prossimi. Dobbiamo trovare il sistema".  E ha aggiunto. "Capii allora che Borsellino si stava occupando di questo. Cosa di cui ebbi conferma dopo tempo, quando su input del Ros andai a sentire Giuseppe Li Pera, geometra della De Eccher che mi spiego' il sistema degli appalti in Sicilia e mi fece i nomi di Siino e Salamone".

Ma Borsellino, il 19 luglio del 1992, venne assassinato e i due magistrati non ebbero il tempo di fare il punto sull tranche di mani pulite che portava alla Sicilia. "Anni dopo, quando Caselli arrivò a Palermo- ha spiegato - il coordinamento si fece e dopo uno scontro con Ingroia, entrambi volevamo fare le indagini, si stabilirono in una cena a casa di Borrelli le regole per poter indagare contemporaneamente in modo efficace sugli appalti".

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