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Palermo, ricercatrice libica accusata di istigare al terrorismo assolta in Cassazione

La prima sezione della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Palermo contro l'assoluzione di Khadiga Shabbi, ricercatrice libica nella facoltà di Economia dell'Università del capoluogo siciliano accusata di apologia di reato, perché avrebbe istigato e propagandato il terrorismo islamico attraverso i social network. Diventa dunque definitiva l'assoluzione della donna di 48 anni, tenuta 8 mesi in carcere e 10 nel Cie di Ponte Galeria, a Roma.

Condannata a un anno e otto mesi in primo grado, con la sospensione della pena e senza l'aggravante della transnazionalità, il 7 dicembre 2017 Shabbi era stata completamente scagionata, con la formula perché il fatto non sussiste. Oggi, dopo che la Procura generale della Cassazione aveva concluso nello stesso senso, la Suprema Corte ha considerato infondato su motivi di fatto il ricorso del pg di Palermo e lo ha cosi' ritenuto inammissibile. Accolte definitivamente le tesi degli avvocati Salvatore Gambino e Michele Andreano. La donna era stata proposta per il rimpatrio, poi non eseguito per motivi di umanità, perché in Libia l'imputata, considerata pericolosa dalle autorità italiane, avrebbe rischiato la vita.

La vicenda Shabbi aveva provocato una forte frizione tra la procura del capoluogo siciliano e l'ufficio gip, perché il giudice Fernando Sestito si era rifiutato di trasformare in arresto, a dicembre 2015, il fermo disposto per motivi di urgenza dal pm Gery Ferrara. La procura aveva però fatto ricorso al tribunale del Riesame, che aveva ribaltato la decisione, ordinando l'arresto della donna, e la Cassazione in quel caso aveva confermato la decisione e la donna era finita in cella.

Alla cittadina libica era stata imposta pure la sorveglianza speciale da parte della sezione misure di prevenzione del Tribunale. Khadiga Shabbi avrebbe agito prevalentemente su Facebook, diffondendo immagini di propaganda di Ansar Al Sharia Libya, uno dei gruppi considerati terroristici dalle agenzie specializzate dell'Onu, che lo collocavano vicino ad Al Qaeda, più che all'Isis, e in forte contrasto col governo allora di Tobruk.

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