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Palermo, "Giambruno non era mafioso": restituiti i beni agli eredi del veterinario dell'Asp

I giudici della prima sezione penale della sezione misure di prevenzione presieduta da Raffaele Malizia hanno riconosciuto la non pericolosità sociale di Paolo Giambruno, il capo dei veterinari dell’Asp di Palermo, morto lo scorso 3 agosto, e restituito tutti i beni sequestrati alla moglie Dorotea Careri e ai figli Mario e Marcello.

Si tratta di diversi conti correnti intestati ai vari componenti della famiglia e società e quote delle srl Penta Engineering immobiliare, Unomar, Marina di Carini, Nautimed. I giudici affermano che in merito «all’ipotesi di pericolosità di Giambruno quale indiziato di appartenere al sodalizio mafioso, appare evidente che alla luce del materiale probatorio non vi sia traccia di alcuna condizione - si legge nella sentenza - Oltre alla spregiudicata inclinazione di Giambruno a intrattenere numerose relazioni imprenditoriali ed economiche, non si registrano particolari contiguità con ambienti mafiosi. Si rammenta che nessuno dei collaboratori di giustizia sentiti ha dichiarato di conoscere Giambruno, men che mai tracce di un possibile contributo all’associazione come tale. Anche sotto questo profilo la proposta si rivela infondata e pertanto va integralmente disattesa».

Le indagini erano cominciate nel 2010, dopo la denuncia di un collega di Giambruno. Il sequestro dei beni risale a 4 anni fa.

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