Se la fuga, probabilmente verso la Francia, del giovane boss palermitano di Ciaculli Leandro Greco era da considerarsi «imminente», anche per il capomafia di Tommaso Natale, Calogero Lo Piccolo, figlio di Salvatore, si prospettava la latitanza.
Una considerazione fatta dai magistrati di Palermo nel decreto di fermo che due giorni fa ha riguardato i due boss e altre cinque persone. Nel caso di Lo Piccolo si sottolinea il fatto che «vanta una storia familiare di latitanza di assoluto rilievo, posto che egli stesso nel 2008 stava per entrare in latitanza».
Ma non solo, i pm della Dda fanno riferimento anche al fatto che Calogero Lo Piccolo possa «contare sul famoso tesoro dei Lo Piccolo che non è stato mai rinvenuto e sequestrato, nonchè su una rete di appoggi molto vasta, dimostrandosi da sempre abile nel tutelarsi dall’aggressione investigativa delle forze dell’ordine».
Le indagini, dunque, puntano ora a individuare la rete che avrebbe consentito la copertura del boss e su quel tesoro che non fu mai trovato. Il figlio di Salvatore Lo Piccolo, che già aveva scontato una condanna per mafia, «in linea generale, si è subito caratterizzato per una inusuale prudenza, che lo porta a porre in essere continui accorgimenti al fine di depistare eventuali investigatori sulle sue tracce. Lo stesso ha realizzato un vero e proprio sistema di copertura avvalendosi dei suoi fiancheggiatori".
L'ipotesi che stesse preparando anche lui la fuga è dunque plausibile. Ma anche una scalata verso i piani alti di cosa nostra. Secondo i pm, infatti, la data del 29 maggio 2018, giorno in cui si svolse il summit per la rinascita della Commissione provinciale di Cosa nostra, «ha segnato uno spartiacque perchè da quel giorno Calogero ha iniziato ad interagire con una serie di soggetti mafiosi esterni al territorio di sua stretta influenza, quali Settimo Mineo».
Mineo, arrestato nell’operazione «Cupola 2.0» il 4 dicembre scorso, è indicato come il capo della nuova Cupola.
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