Tre persone sono state arrestate per tentata estorsione alle sorelle Napoli di Mezzojuso. Si tratta di Simone La Barbera detto "Il lungo", Antonino Tantillo detto "Nenè", e Liborio Tavolacci, ritenuti responsabili, in concorso tra loro, di tentata estorsione ai danni di Irene, Gioacchina e Marianna Napoli e Gina La Barbera.
Le donne, da oltre dieci anni, hanno denunciato di essere oggetto di varie violenze e minacce finalizzate all'acquisizione della proprietà e la gestione della loro azienda agricola, in un terreno a Corleone.
Le indagini sono state avviate nel 2015 quando è stata più volte tagliata la recinzione del cancello dell'azienda agricola delle donne e vi sono stati introdotti degli animali con l'intento di danneggiare il raccolto. In tre occasioni è stato anche divelto il lucchetto e sono stati uccisi anche i due cani delle sorelle Napoli.
I fatti, però, hanno origine già nel 1998 quando Antonino Tantillo tese un agguato a Irene e Gioacchina Napoli; bloccò con la propria auto la vettura sulla quale viaggiavano le due e cominciò a scagliare alcune pietre.
Epifanio Mastropaolo, presente al momento dell'agguato, aveva "consigliato" alle due sorelle di non denunciare Tantillo, portandole dal boss mafioso Nicola La Barbera, detto "Don Cold" il quale, ascoltato il racconto, aveva dato ordine di cessare momentaneamente con le invasioni dei terreni delle Napoli.
Alla morte di Nicola La Barbera ricominciarono i danneggiamenti; Simone La Barbera, Liborio Tavolacci e Antonino Tantillo ritornarono ad introdurre i loro animali e gli animali di proprietà dell'Istituto zootecnico "Giardinella" (custoditi da La Barbera e Tavolacci) all'interno della proprietà delle Napoli attraverso il taglio delle recinzioni.
Simone La Barbera cercò in tutti i modi di convincere le Napoli a cedere la loro azienda o a farla gestire a terzi, impegnandosi personalmente a fermare i danneggiamenti e le invasioni di animali, anche in cambio del ritiro di una delle denunce presentate da Irene Napoli Irene. Liborio Tavolacci, anche tramite la moglie, minacciò più volte le Napoli affinché ritirassero la denuncia e affidassero la gestione della loro azienda al fratello Luciano Tavolacci.
Dopo le prime denunce presentate dalle sorelle Napoli, la Procura della Repubblica di Termini Imerese chiedeva l'archiviazione, ritenendo pienamente provata la sussistenza della tentata estorsione, ma non la riconducibilità ai tre arrestati di oggi.
Successivamente, le indagini vennero riaperte dopo la denuncia, per calunnia, presentata proprio da Simone La Barbera contro le sorelle Napoli. Ciò consentì di svolgere ulteriori approfondimenti, anche mediante intercettazioni, ottenendo la prova della colpevolezza di Simone La Barbera e dei suoi complici.
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