PALERMO. "Venticinque anni buttati", un quarto di secolo trascorso a "costruire falsi pentiti con lusinghe e con torture". Tentenna solo un istante Fiammetta Borsellino, figlia minore del magistrato ucciso 25 anni fa in via D'Amelio. E' stata appena ascoltata dalla commissione Antimafia ed è tesa. Esita davanti ai microfoni, ma è evidente che non ha alcuna intenzione di tacere.
Per anni, è rimasta dietro le quinte, mai un'apparizione pubblica, mai un'intervista. Fino al giorno di un altro anniversario, quello della strage di Capaci, in cui a morire fu Giovanni Falcone. Minuta, nervosa, davanti alle telecamere della Rai, in diretta tv, parlò pubblicamente del depistaggio delle indagini sull'attentato al padre, costato l'ergastolo a persone innocenti ora assolte, e del bisogno, suo, della sua famiglia e del Paese, di arrivare a una verità che non faccia sconti.
"Sono stati buttati 25 anni", dice dopo l'audizione davanti alla commissione a cui ha consegnato carte processuali che dimostrano come, per dolo o negligenza, le inchiesta sulla strage presero il corso sbagliato. Tra i documenti la lettera di Ilda Boccassini, allora pm applicato a Caltanissetta, che invitava i colleghi a stare attenti a Vincenzo Scarantino, pentito dalle alterne sorti che, per la magistrata, già allora, a pochi mesi dall'eccidio, s'era rivelato poco credibile. Nessuno la ascoltò. Neppure quando Scarantino si pentì di essersi pentito e ritrattò: una, due, tre volte.
"Chiedo scusa pubblicamente, anche a nome di chi avrebbe dovuto farlo agli innocenti condannati ingiustamente", sbotta alludendo alla sentenza della corte d'appello di Catania che, in giudizio di revisione, ha assolto dal reato di strage chi Scarantino e gli altri collaboratori di giustizia fasulli avevano accusato. "In questi anni non si è vigilato sulle indagini", rincara Fiammetta Borsellino.
"Non voglio parlare di responsabilità specifiche, ma è giusto che io faccia i nomi dei magistrati che indagarono: Anna Palma, Nino Di Matteo". Fiammetta Borsellino non parla di dolo o colpe dovute a inesperienze, ma "certo - dice - quell'eccidio meritava che a fare l'inchiesta fossero persone con esperienza".
Dopo qualche ora, proprio da via D'Amelio, dove dalla mattina sono in corso le manifestazioni per ricordare il magistrato ucciso, interviene Nino Di Matteo, che da pochi mesi ha lasciato la Procura di Palermo per la Dna. "Bisogna rispettare la memoria di Paolo Borsellino e comprendere il dolore dei familiari. - dice - Io so e tanti sanno fuori e dentro la mafia e fuori e dentro le istituzioni chi in questi anni ha continuato a cercare la verità sulla strage e si è esposto e ha esposto la propria famiglia a rischi gravissimi sacrificando la propria libertà e anche la carriera".
"Credo che questo sia giusto ricordarlo - aggiunge il magistrato - per evitare che certe parole possano essere strumentalizzate da chi non vuole che si vada avanti nel completare il percorso di verità sulle stragi che, in questo momento, deve essere completato. Anche cercando di capire con gli elementi nuovi che sono stati scoperti in questi anni chi eventualmente assieme agli uomini di Cosa nostra ha ucciso Paolo Borsellino". La figlia del magistrato non si accontenterà. "Ognuno deve fare la sua parte - conclude - Che le indagini sul depistaggio vadano riaperte è ovvio".
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