ROMA. Cinque mesi fa aveva rifiutato un trasferimento per ragioni di sicurezza per non dare un segnale di resa alla mafia e per poter arrivare alla Procura nazionale antimafia dalla porta principale, come vincitore di concorso. Un’offerta che gli era arrivata dal Csm dopo che un’intercettazione aveva fatto risalire l’allarme sulla sua sicurezza. Ora il pm di Palermo Nino Di Matteo realizza il suo sogno: all’unanimità il plenum di Palazzo dei marescialli ha decretato la sua nomina a sostituto della Superprocura guidata da Franco Roberti.
Una decisione attesa, che sana una vecchia ferita: due anni fa i consiglieri avevano bocciato la sua candidatura per lo stesso incarico, preferendogli altri tre colleghi. E il pm aveva reagito con un ricorso al Tar del Lazio, lamentando di aver subito «un’ingiusta mortificazione».
Il caso si chiude nel modo migliore per il sostituto palermitano, che l’ha spuntata, assieme ad altri quattro colleghi (i pm di Roma Francesco Polino, Maria Cristina Palaia, Barbara Sargenti, e di Napoli Michele del Prete) su un’ampia platea di concorrenti. In tutto i candidati erano 56 e tra di loro c'erano magistrati noti per le loro inchieste. Come per esempio i pm del processo Mafia Capitale Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini, il procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato, l’ex assessore alla legalità del Comune di Roma Alfonso Sabella, ora giudice al tribunale di Napoli.
I consiglieri gli hanno attribuito la valutazione più alta (15 punti) per le «ottime qualità professionali» e il «solido e vasto bagaglio di esperienza» maturato nelle indagini sulla criminalità organizzata e nella gestione dei collaboratori di giustizia (da Giovanni Brusca a Salvatore Cancemi). Un giudizio basato anche sui pareri dati dai suoi superiori che attestano oltre alle «capacità di coordinamento e impulso investigativo», "l'impareggiabile tenacia» e «l'ineguagliabile spirito di sacrificio».
Dopo 18 anni continuativi di servizio Di Matteo lascia, dunque, la procura di Palermo, dove è approdato nel 1999, dopo un’intensa esperienza alla procura di Caltanissetta e in particolare nel pool che si è occupato delle indagini sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
Ma l’addio all’ufficio requirente del capoluogo siciliano potrebbe non avere ripercussioni sul processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, che vede come imputati politici, esponenti di vertici dell’Arma dei carabinieri e boss mafiosi e che due anni fa aveva portato a un conflitto di attribuzioni con il Qurinale in seguito all’intercettazione di telefonate tra l’ex ministro dell’Interno Mancino e l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano. Se lo richiederà il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e se Roberti darà il suo assenso, Di Matteo potrà continuare a svolgere il ruolo di pm in quel processo. E comunque ci vorranno un paio di mesi prima che il pm debba trasferirsi a Roma per assumere il nuovo incarico.
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