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Gli imprenditori ammettono il pizzo, colpo alla mafia di Corleone: 12 arresti

Foto Archivio

Nuovo colpo alla mafia di Corleone. Dodici le persone arrestate dai carabinieri, che ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Palermo su richiesta della Procura distrettuale, nei confronti di persone accusate a vario titolo di estorsione e danneggiamento.

Per altri due la misura della libertà vigilata per due anni: secondo gli inquirenti stavano progettando un omicidio. L’operazione nasce dalle indagini del Nucleo Investigativo di Monreale e dalla compagnia dei carabinieri di Corleone, indagini nate anche grazie ad un fatto inedito per il territorio corleonese: otto imprenditori hanno ammesso di aver pagato la "messa a posto", il pizzo alla mafia. Il blitz dunque nel cuore del mandamento mafioso di Corleone ma anche delle famiglie di Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano.

Un'inchiesta che ha consentito di ricostruire gli assetti di vertice delle famiglie mafiose del Corleonese ma anche dei rapporti con esponenti di vertice dei clan limitrofi. I carabinieri, inoltre, sono riusciti a documentare numerosi reati che provano la capacità di intimidazione e controllo del territorio delle compagini mafiose oggetto di indagine.

Gli arrestati di oggi sono considerati i nuovi boss del territorio, i nuovi "capi" di Corleone. Tra gli altri emerge il nome di Carmelo Gariffo, nipote di Bernardo Provenzano. Gli altri arrestati sono: Pietro Vaccaro, Chiusa Sclafani, 55 anni; Vincenzo Coscino, Chiusa Sclafani, 45 anni; Bernardo Saporito, Corleone, 46 anni; Antonino Di Marco, Corleone, 66 anni; Leoluca Lo Bue, Corleone, 37 anni; Vincenzo Pellitteri, Chiusa Sclafani, 64 anni; Francesco Paolo Scianni, Corleone 65 anni; Vito Biagio Filippello, 58 anni, Palazzo Adriano; Pietro Paolo Marasacchia, 66 anni; Francesco Geraci, Palermo, 50 anni; Francesco Geraci, 45 anni. Libertà vigilata per Gaspare Gebbia, Chiusa Sclafani, 75 anni; Pietro Gebbia, 32 anni, Palazzo Adriano.

Gariffo avrebbe provato a riorganizzare il clan e a recuperare denaro dalle estorsioni per sè e per tutta la famiglia.

Altri due incensurati di Palazzo Adriano, a loro è diretto il provvedimento di libertà vigilata, si erano rivolti agli uomini del clan per uccidere un parente, che ritenevano di troppo nella divisione di un'eredità. Un progetto sventato dalle indagini dei carabinieri. Secondo gli investigatori avrebbero assoldato due uomini promettendo la somma di tremila euro.

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