PALERMO. Scende il sipario sul clamoroso depistaggio - fu lo stesso procuratore di Caltanissetta Sergio Lari a definirlo così - dell'indagine sull'attentato al giudice Paolo Borsellino. Il gip Alessandra Giunta, accogliendo la richiesta dei pm, ha archiviato l'inchiesta sui funzionari di polizia accusati di avere fatto pressioni su tre collaboratori di giustizia, poi smentiti dal pentito Gaspare Spatuzza, inducendoli a costruire una falsa verità sulla fase esecutiva della strage.
A sei anni dall'iscrizione nel registro degli indagati escono dunque di scena Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera, gli investigatori del pool Falcone-Borsellino, guidato da Arnaldo La Barbera, che fecero le indagini sull'eccidio. La Procura aveva contestato loro la calunnia aggravata.
A loro carico le dichiarazioni dei tre «falsi» pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura che, dopo una serie di ritrattazioni e smentite, raccontarono ai pm di essere stati imbeccati dai tre funzionari che avrebbero costruito a tavolino, costringendoli poi a riferirne ai magistrati una versione totalmente falsa delle prime fasi dell'attentato.
«Siccome io non ero un uomo d'onore e loro lo sapevano, mi facevano studiare il libro di Buscetta che raccontava le regole dell'affiliazione a Cosa nostra e altri argomenti che non conoscevo», ha detto in aula al quarto processo per la strage Scarantino, raccontando anche di vere e proprie torture subite in carcere perchè tenesse il punto su quanto detto alla magistratura.
La falsa verità dei tre ex collaboratori di giustizia, ribaltata da Spatuzza, è costata l'ergastolo a sette persone costrette per anni al 41 bis e ora scarcerate in attesa del giudizio di revisione.
Ma i ripensamenti e le nuove versioni dei testimoni fasulli, dice il gip, non bastano a incriminare i poliziotti. Le loro dichiarazioni non sono spontanee perchè arrivano solo dopo la collaborazione di Spatuzza, sono contraddittorie e prive di riscontri. I tre, inoltre, secondo il giudice, avrebbero un interesse ad addossare su altri la responsabilità del depistaggio investigativo e sarebbero personaggi «sfuggenti e ambigui». Parole pesanti, che chiudono, almeno per il momento visto che l'archiviazione non esclude successive riaperture di indagini, la vicenda.
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