PALERMO. Tre anni di spesa nel supermercato sequestrato, pagando i conti di tanto in tanto. Un sospeso di 18.451 euro, solo in parte saldato, e nei giorni scorsi per di più. Silvana Saguto, l’ormai ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, sotto inchiesta per la gestione dei patrimoni miliardari tolti a Cosa nostra, rischia altri guai per i ritardi nei pagamenti ai supermercati Sgroi.
Gli atti non facevano parte dell’inchiesta, ma proprio di recente la Guardia di Finanza è andata a sequestrare le carte presso l’amministrazione della struttura commerciale: e questo è successo dopo che il cassiere dell’azienda confiscata aveva chiesto gli arretrati e dopo che il marito della Saguto, l’ingegnere Lorenzo Caramma, aveva risposto con un bonifico da diecimila euro, che copre solo in parte il valore del debito.
È lo stesso giudice a spiegare che la misura Sgroi non è mai stata gestita da lei: a disporre il sequestro era stato il collegio precedente al suo, presieduto da Cesare Vincenti, e anche adesso lei si era astenuta dalla gestione, «proprio perché sono cliente del supermercato».
E nel merito il magistrato indagato chiarisce che, anche per motivi logistici e di tempo, dato che non era lei personalmente ad andare a fare la spesa, i suoi incaricati non pagavano ogni volta. La famiglia così aveva dei conti in sospeso, anche in altri negozi, «che poi — dice la Saguto — venivano però puntualmente pagati. Nel caso di Sgroi potrà esserci stato un ritardo, ma in ogni caso non sono interessata in alcun modo alla misura di prevenzione», riguardante tra l’altro un imprenditore scomparso da alcuni anni. «Lo stesso amministratore giudiziario — precisa il magistrato — non lo ha nominato l’attuale sezione, ma il collegio presieduto dal collega Vincenti».
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