PALERMO. Quando gli arrivò l’avviso di garanzia, nella primavera dell’anno scorso, Matteo Tutino per prima cosa chiamò il presidente della Regione, Rosario Crocetta: «Saro, la tua opinione su di me è cambiata?». «Assolutamente no». Il clima che emerge dalle carte dell’inchiesta sul primario di Chirurgia plastica, arrestato due settimane fa, era di concordia generale, in quello che è stato definito «il cerchio magico» della sanità.
Un clima tale che, prima di dare alla commissione ispettiva e ai Nas i risultati delle verifiche sul reparto di Chirurgia plastica — e dunque sull’operato di Tutino — il direttore generale dell’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello, Giacomo Sampieri, consigliò di far vedere la relazione «a Matteo», cioè allo stesso primario, ai domiciliari con accuse che vanno dalla truffa al peculato e all’abuso d’ufficio.
E mentre il Gip Giovanni Francolini conferma il proprio provvedimento cautelare nei confronti del medico personale di Crocetta, l’indagine si allarga alle verifiche sugli acquisti dedicati e sui progetti di espansione del reparto guidato da Tutino (difeso dagli avvocati Daniele e Giovanna Livreri), sull’impiego di strumenti del pubblico nel privato e viceversa, sulle autorizzazioni ottenute in tempi record dal centro di chirurgia estetica Althea (in cui lavorava Tutino e in cui fu operato Crocetta) grazie all’assessorato regionale alla Sanità, oggi guidato ad interim proprio da Crocetta, dopo le dimissioni di Lucia Borsellino, legate anche al caso Tutino.
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