PALERMO. È stata «umiliante» l' esclusione del pm Nino Di Matteo dalla Superpro cura antimafia. E il pm palermitano del processo sulla trattativa fra Stato e Cosa nostra lamenta una «ingiusta minimizzazione» delle proprie «immagine e biografia». Le nomine di tre nuovi sostituti procuratori della Direzione nazionale antimafia provocano il ricorso del magistrato siciliano, che si rivolge al Tar del Lazio, sostenendo - attraverso gli avvocati Mario Serio e Giuseppe Naccarato - che il Csm abbia ignorato «platealmente» il «valore degli anni di sacrifici, rischi, impegno in cui si è articolata la carriera del ricorrente al servizio della giustizia».
Di Matteo, più volte minacciato dalla mafia e dallo stesso Totò Riina, è costretto a vivere con la protezione che si riserva ai Capi di Stato e però è stato superato da altri tre magistrati, nella corsa alla Dna: Eugenia Pontassuglia, pm di Bari (caso escort-Tarantini-Berlusconi), Salvatore Dolce e Marco Del Gaudio, rispettivamente di Catanzaro, impegnato nella lotta alla 'ndrangheta, e Napoli (caso Finmeccanica). Vuole la sospensiva e poi l'annullamento della decisione di Palazzo dei Marescialli, il pm del processo trattativa.
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