PALERMO. Una figura ancora misteriosa, sulla quale però la Squadra mobile sta da tempo concentrando le sue indagini. Un uomo potente che controllerebbe tutti gli affari in uno dei mandamenti mafiosi più importanti di Palermo - storico feudo dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano (detenuti al 41 bis dal 1994) - quello di Brancaccio. Una persona alla quale verrebbero consegnati i proventi non solo delle estorsioni, ma anche e soprattutto quelli legati all'ingente e fiorente traffico della droga nella zona.
Avrebbe preso di fatto il posto del boss Cesare Lupo, dopo il suo arresto nel novembre 2011, e sarebbe «il principale» dello stesso Natale Bruno, finito in cella venerdì con l'operazione «Zefiro» e ritenuto dagli investigatori un elemento di spicco di Cosa nostra. È proprio Bruno - nelle oltre seicento pagine che compongono l'ordinanza emessa a carico di diciotto persone dal gip Lorenzo Matassa - a definire questo personaggio come «la testa dell'acqua». Un'espressione non da poco, con la quale ci si è spesso riferiti all'ultima grande primula rossa mafiosa, Matteo Messina Denaro. Indica infatti la «fonte», il capo dei capi, colui che controlla boss, picciotti e fiancheggiatori, che regna su più famiglie e quartieri.
Anche se le intercettazioni al centro dell'ultimo blitz antimafia risalgono al 2012, la «testa dell'acqua» non è stata ancora individuata. È dunque libera e probabilmente continua a gestire gli affari delle cosche, nonostante le decine di arresti che hanno falcidiato anche i più importanti clan di Cosa nostra.
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