
PALERMO. Sono affamati di soldi. Per loro, per i carcerati e per i loro familiari. Cercano posti di lavoro per i congiunti. E a volte cercano di far passare l’intermediazione nel pagamento delle estorsioni quasi come un atto di bontà: «Ieri, come promesso, ti sono andato a sistemare la cosa. Dico, non stanno chiedendo la luna, al vostro buon cuore...».
Le parole di Natale Bruno sono illuminanti, in questo caso. Il capo di Brancaccio ha davanti a sé un commerciante che abita nel quartiere ma ha un negozio a Bagheria: ha trovato il lucchetto che chiude la saracinesca bloccata dall’attack, ha già chiaro a chi rivolgersi per ottenere uno sconto dal clan locale che gli chiede la «messa a posto». E vuole essere sicuro di pagare le persone giuste.
I fratelli si riferiscono a Gino Tutino, pregiudicato di Bagheria, in cella per favoreggiamento alla mafia: è lui che avrebbe incassato il «pizzo» dopo aver bloccato il lucchetto del negoziante. Ed è lui che Bruno va ad incontrare a Bagheria con un amico pregiudicato, a bordo di uno scooter Yamaha blu. La trasferta va a buon fine, tanto che l’indomani il commerciante viene convocato in via Di Pasquale.
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