I più freddi assistevano con il volto pietrificato e bagnato dalla pioggia all’ennesima disfatta stagionale, i più caldi intonavano cori dispregiativi nei confronti di squadra e dirigenza, in particolare allenatore e direttore sportivo. Contro il Catanzaro è andato in scena uno dei pomeriggi più surreali della storia del Palermo, qualcosa mai visto dall’avvento del City Football Group: difficile a posteriori stabilire se con i tre punti le acque si sarebbero calmate dopo la sconfitta horror con la Carrarese, ma nel momento in cui domenica è arrivato un ulteriore ko la strada della crisi, sia di risultati che di rapporti, è tracciata e ad oggi non ha uscite immediate.
Che l’aria fosse pesante si era percepito già nel prepartita: silenzio di tomba durante il riscaldamento, qualche filo di voce alla lettura delle formazioni per poi tornare a fare scena muta nei primi minuti di gioco; un atteggiamento che ha condizionato la partenza dei giocatori, con lo 0-1 di Biasci al 3’. Qui arriva una scossa, ma non quella sperata: il pubblico applaude ironicamente, come se a segnare fosse stato il Palermo e non il Catanzaro. Poi un tripudio di fischi, immediatamente seguito dagli attacchi frontali a quelli che il tifo più caldo ha individuato come bersagli: De Sanctis, ritenuto colpevole di aver costruito una squadra non all’altezza del vertice cadetto, e Dionisi, che quella stessa squadra l’ha messa in campo con scelte non sempre comprese dalla piazza. Il clima di contestazione scuote i rosa, capaci di trovare l’1-1 con Nikolaou: anche qui però niente boato e niente compattezza con i giocatori, continuano ad alternarsi indifferenza e cori contro i bersagli scelti. Fischi fragorosi a Henry e Le Douaron al momento della sostituzione, applausi al neoentrato Brunori: anche qui linea tracciata, il popolo empatizza con il capitano che nel 2024/25 era finito ai margini. L’1-2 del Catanzaro alimenta il nervosismo sugli spalti e si traduce nello psicodramma di fine partita: i fischi non arrivano subito, ma quando i giocatori iniziano a camminare verso la curva Nord, che li manda indietro con altri cori e il lancio di un fumogeno sul terreno di gioco. Lo scontro è totale, rimarginare la ferita sarà possibile solo trovando una direzione alla stagione.
Quel che per ora resta è un 2024 con numeri inqualificabili nelle partite casalinghe, con ancora quella del 26 dicembre contro il Bari da disputare: il Palermo ne ha vinte appena sei su 19, con sei pareggi e sette sconfitte (31,5% di successi).
Nella stagione attuale le vittorie sono due in otto partite, con tre «x» e altrettanti ko: continuando con questi numeri la prospettiva è di rivolgere lo sguardo verso la parte bassa della classifica, non quella alta. In viale del Fante hanno vinto tre squadre che di certo corazzate non sono: Salernitana e Catanzaro hanno centrato qui l’unica affermazione in trasferta, mentre il Cittadella è ultimo in classifica e negli ultimi quattro mesi ha vinto solo una volta, proprio in Sicilia. Stridono anche i pareggi con Cosenza, Cesena e Sampdoria: il primo è stato ottenuto solo nel finale, il secondo ha visto i romagnoli padroni del campo per larghi tratti e il terzo è arrivato con otto assenti tra i blucerchiati (nove considerando l’infortunio al 2’ di Romagnoli). Aver inflitto l’unica sconfitta in campionato allo Spezia non può essere una consolazione, così come il successo con una Reggiana finora mai costante: da qui il cambio di indirizzo del pubblico, con la disaffezione che si trasforma in contestazione e non risparmia nessun livello societario. Dionisi è stato l’unico a parlare dopo l’ultimo ko, mentre la dirigenza ne osserva con attenzione la posizione e inizia a guardare al mercato di gennaio: tra i giocatori il silenzio più totale, scenario inevitabile dopo le troppe parole al vento delle partite precedenti, quasi mai seguite da una riscossa vera e propria. Il popolo palermitano invece si è espresso abbondantemente, inviperito per l’ennesimo spettacolo indecoroso di un anno maledetto.
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