Da arma in più a emblema di una squadra emotivamente spenta: la panchina del Palermo ha smesso di essere un fattore determinante a partita in corso, non dando più a Corini le garanzie di un tempo in termini di incisività sul match. Anche contro il Venezia i cinque cambi non hanno dato alcun apporto alla manovra offensiva dei rosa, tra scelte tecniche sbagliate e poca lucidità nella gestione del pallone: un tema su cui il tecnico dovrà operare importanti riflessioni in vista del finale di campionato, perché ogni partita dura novanta minuti e visti i grandi nomi di cui dispone l’organico del Palermo le riserve devono garantire un apporto equivalente a quello dei titolari.
L’ultimo gol dalla panchina è quello realizzato il 10 febbraio da Soleri contro la Feralpisalò per il momentaneo 0-2: da quel momento i rosa non solo non hanno più trovato marcature dai subentrati, ma hanno evidenziato una mediocrità generale nei secondi tempi. Nelle ultime cinque partite l’unica rete dopo il 45’ è quella di Brunori alla Ternana, peraltro favorita da una buona dose di casualità: per il resto pochi tentativi verso la porta avversaria e tante azioni d’attacco confuse e inconcludenti.
Contro il Venezia chi si aspettava un secondo tempo arrembante dopo le difficoltà del primo non è certo rimasto soddisfatto: sembrava quasi che a essere sotto di due gol fossero i lagunari, mentre il Palermo appariva incapace di reagire e soprattutto di trovare un argine alle sortite offensive degli avversari. Corini ha dovuto cambiare per problemi fisici due elementi della linea difensiva come Lund e Nedelcearu, sostituiti da Aurelio e Graves: se dal danese, impiegato da centrale per la prima volta in stagione, non si poteva pretendere granché in fase di spinta, dall’ex Pontedera ci si aspettava decisamente di più. Altro innesto a inizio ripresa è stato Vasic, al posto di un Di Mariano sottotono: il numero 20 ha dimostrato una volta di più di non aver ancora trovato una collocazione tattica adeguata, con una prestazione costellata di corse a vuoto sulla fascia e mancati rientri in difesa.
Dopo 12 minuti di ulteriore pochezza offensiva ecco la mossa Traorè (fuori Henderson): il pubblico ha salutato il suo ingresso in campo con un’ovazione, ma anche stavolta l’ex Milan non l’ha ripagato con una prestazione all’altezza. Le sue difficoltà di adattamento tattico sono l’emblema di una panchina che non incide più: Corini, che dalla gara con il Como in poi gli ha sempre dato una chance, venerdì lo ha schierato prima trequartista e poi esterno destro dopo averlo impiegato a sinistra (suo ruolo naturale in rossonero) nelle precedenti uscite, ma il classe 2004 non è mai stato in condizione di far male al Venezia, venendo disinnescato quasi a ogni pallone toccato; il suo riscatto a fine stagione, fissato a 10 milioni di euro, si fa sempre più lontano, partita dopo partita. Anche Soleri, entrato nel finale, non è riuscito a creare pericoli, ma in una serata del genere sarebbe stato complicato per chiunque inventare qualcosa: il primo a dover trovare le giuste risposte, sia tattiche che emotive, è naturalmente il tecnico.
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