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I carabinieri: «A Palermo il lockdown ha frenato le estorsioni, la mafia ora punta sulla droga»

Il comandante provinciale, generale Giuseppe De Liso: «Cosa nostra è tornata a controllare le piazze di spaccio, ma l'azione repressiva delle forze dell’ordine è riuscita a dimostrare che non ci sono zone franche»

Il generale Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo

«Il lockdown ha parzialmente frenato il fenomeno delle estorsioni ai commercianti e quindi la criminalità ha spostato l'asse dei suoi affari sul traffico e lo spaccio di stupefacenti, ritenuto meno pericoloso e più conveniente sotto il profilo economico. Ma i carabinieri, grazie al controllo del territorio, solo negli ultimi otto mesi hanno arrestato, su ordine della Direzione distrettuale antimafia, più di 200 persone legate al mondo della droga e di Cosa nostra». Per il generale Giuseppe De Liso, comandante provinciale di Palermo dei carabinieri, l'ulteriore colpo al mandamento mafioso di Porta Nuova dimostra che in città «non esistono zone franche e che non c'è spazio per chi esercita violenza o affari criminali».

Comandante, Palermo è diventata uno dei crocevia della droga in campo nazionale, quanto è preoccupante la crescita dello spaccio?

«Senza dubbio la droga circola ed è tornata a essere uno dei principali affari di Cosa nostra a livello di distribuzione e di rete di spaccio ma sono proprio i successi ottenuti dai carabinieri e da tutte le altre forze dell'ordine a far emergere questa realtà. Semmai a preoccuparci è tutto ciò che è sommerso, cioè quanto ancora non riusciamo a scoprire. Gli arresti e i sequestri dimostrano invece l'assoluta efficacia delle azioni di repressione: i nostri sforzi stanno producendo risultati davvero importanti anche se, ovviamente, si può e si deve fare di più».

Ci sono zone della città più a rischio di altre?

«Le nostre indagini si sono concentrate soprattutto dove è più intenso lo spaccio di droga come alla Vucciria, al Capo, a Ballarò e alla Zisa ma il controllo del territorio è minuzioso in tutti i quartieri ed anche nel resto della provincia siamo molto attenti grazie alle nostre stazioni che agiscono come delle vere e proprie sentinelle di protezione ravvicinata. Da qui partono i segnali d'allarme che poi vengono decodificati e approfonditi attraverso il lavoro sul campo dei nuclei investigativi ma la rapidità degli interventi non sarebbe possibile senza la collaborazione e la forte sinergia che esiste tra i carabinieri e la Dda».

Avete scoperto quali sono i canali di approvvigionamento della droga che arriva in città e se ci sono collegamenti tra la mafia, la camorra e la 'ndrangheta?

«Durante la pandemia la criminalità organizzata è stata costretta a limitare le estorsioni perché i negozi erano chiusi a causa del virus ma anche per il fatto che sempre più commercianti decidono di denunciare e rivolgersi alle forze dell'ordine. In compenso sono aumentate le piazze di spaccio e di conseguenza anche le frizioni interne ai clan per la gestione della droga. In generale la cocaina viene importata dalla Calabria e l'hashish dalla Campania, la marijuana viene coltivata invece direttamente in Sicilia dove abbiamo già scoperto grosse piantagioni mentre il crack, ricavato dalla cocaina tramite alcuni processi chimici, è prodotto in casa e in alcuni garage adibiti per questo scopo».

L'operazione di ieri, dopo il blitz della settimana scorsa, è scattata anche per scongiurare possibili nuovi omicidi che sarebbero potuti maturare in segno di vendetta per la morte di Giuseppe Incontrera, ucciso il 30 giugno alla Zisa con tre colpi di calibro 22, e per quella di Emanuele Burgio, avvenuta il 31 maggio dell’anno scorso alla Vucciria.

«Il 5 luglio abbiamo dato un nome al presunto assassino che avrebbe agito alla Zisa ed il giorno successivo abbiamo eseguito 18 fermi, Ieri notte siamo tornati nello stesso quartiere per disarticolare i vertici di un mandamento mafioso che era riuscito a riformarsi nonostante i ripetuti colpi inferti negli ultimi anni ma anche per evitare gravi ritorsioni che erano state annunciate e di cui eravamo a conoscenza».

La lotta alla mafia però deve essere anche sociale e culturale.

«È così. Trenta carabinieri sono morti di Covid e un migliaio si sono contagiati perché non ci siamo mai tirati indietro quando si è trattato di venire in aiuto della popolazione. Ci siamo resi disponibili per gli incontri nelle scuole in maniera da spiegare chi erano le persone che hanno perso la vita per difendere le istituzioni. Recentemente abbiamo inaugurato anche il muro della legalità in cui sono rappresentati i volti di uomini e donne che si sono sacrificati per combattere la mafia e, in occasione del Festino, abbiamo esposto al Comando Legione in corso Vittorio Emanuele uno stendardo in onore di Santa Rosalia. Sono una serie di segnali che servono a fare capire quanto l'Arma rispetti la storia e la tradizione della città ponendosi come punto di riferimento per tutti i palermitani».

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