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Bellolampo, eppure lo sapevano tutti da tempo

Lo sapevano anche le pietre che saremmo arrivati a questo punto. E alla fine – nonostante gli allarmi, i progetti, gli appelli, le ordinanze, i sopralluoghi, i turni straordinari, le isole ecologiche nei supermercati e nelle chiese, le tessere a punti, le nomine, i nuovi corsi, le denunce, i buoni propositi e chi più ne ha, più ne metta – ci siamo arrivati lo stesso. Andando a sbattere clamorosamente contro un muro che è sempre stato lì e che era stato prospettato, con una chiarezza quasi esemplare, addirittura a gennaio, quando il presidente della Regione Nello Musumeci e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando annunciavano una serie di contromisure parlando di una discarica, quella di Bellolampo, già inesorabilmente satura.

Gennaio, alla fine, è passato così. E anche febbraio – che, si sa, essendo più breve degli altri mesi non concede molto tempo per risolvere alcunché – ma il problema è che sono passati anche marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre. Ci perdonerete se sprechiamo qualche riga in più per elencarli tutti e dieci. Ma, se potessimo farlo senza tediarvi, ricorderemmo uno per uno anche i circa trecento giorni in cui di emergenza, discariche e rifiuti si è sempre parlato, in cui sono stati illustrati piani e soluzioni che sono rimasti lettera morta e in cui chi avrebbe dovuto (e potuto) non ha fatto quanto in suo potere, rimanendo ad aspettare l’annuncio – quello della chiusura dei cancelli di Bellolampo – che ci ha consegnato l’ennesima emergenza.

Con i compattatori fermi, con i primi turni di raccolta già saltati, con le strade invase dai rifiuti. Un copione già visto e rivisto, oseremmo dire cronico, se non fosse per qualche parentesi felice legata spesso ad eventi particolari o alla visita di un pontefice. Parafrasando un vecchio detto, si potrebbe dire che si sta bene solo a ogni messa di Papa. Eppure, lo dicevamo e ci teniamo a ribadirlo, lo sapevano tutti. Lo sapeva la Rap, che da mesi continua a segnalare una situazione ormai al limite della tolleranza. Lo sapeva il Comune di Palermo, che alleggerito dai poteri straordinari conferiti alla Regione ha fatto forse un po’ troppo da spettatore. E lo sapeva, comunque, anche la Regione. Tanto che, proprio a gennaio, aveva autorizzato una serie di interventi (salvo poi fermarsi in corso d’opera) per consentire di prolungare l’utilizzo della discarica per il tempo necessario alla realizzazione, con procedure straordinarie, della settima vasca.

Oggi, mentre i camion aspettano davanti ai cancelli e i sacchetti cominciano ad accumularsi sui marciapiedi di una città che non ha mai visto tanti turisti come quest’anno, l’unica cosa che ci risparmieremmo volentieri è il consueto rimpallo di accuse e lo stallo provocato dalle continue liti e dalle quotidiane tensioni tra Comune e Regione. Uno stallo che punisce solo i cittadini, soprattutto quelli che, proprio in questi giorni, nonostante i disservizi si ostinano a pagare una Tari che è tra le più alte d’Italia e a fare correttamente la raccolta differenziata.

Occorre, dunque, sbracciarsi, mettere da parte ruggini e rancori, e trovare una soluzione che non sia la solita toppa. Perché, se questa terra non vuole i termovalorizzatori e ogni altro moderno impianto di trattamento che faccia dei rifiuti non un problema ma una risorsa, allora deve dimostrare di essere in grado di farne a meno. Anche se non sappiamo francamente come, visto che una raccolta differenziata al di sotto del 20 per cento non è certamente la soluzione auspicata. E anche perché, giusto per puntualizzarlo, non possiamo pensare di organizzare una visita del Papa o un summit internazionale a settimana e in ogni quartiere per riuscire a vedere strade e marciapiedi puliti. Ci costerebbe troppo.

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