PALERMO. Ai tempi del «traffico» di Johnny Stecchino, inizio anni Novanta, Ferdinando Corriere era presidente dell’Amat. Palermo era ingolfata da clacson e marmitte. E lo è ancora. Con la differenza che in questi mesi a complicare la circolazione veicolare ci si mettono cantieri per il tram e per le altre opere pubbliche. Oggi (come allora) Corriere è docente di Infrastrutture per la mobilità e i trasporti ed Infrastrutture viarie, urbane e metropolitane all’Università. Per l’Ateneo, inoltre, ricopre anche il ruolo di mobility manager. Ovvero si occupa dei problemi e delle soluzioni possibili per gli studenti e il personale che ogni mattina arrivano con mezzi privati o pubblici in viale delle Scienze. «La cittadella universitaria – spiega – in piccolo è afflitta dagli stessi problemi che ha l’intera città. A differenza dell’amministrazione che sembra non avere un piano complessivo valido, però, noi abbiamo già un programma ben chiaro: limitare gli accessi di auto e moto in viale delle Scienze, utilizzare il parcheggio Basile, offrendo grazie a un accordo col Comune, un certo numero di posti gratuiti; istituire navette gratuite all’interno dell’Università e affidarci al bike sharing e al car sharing. Il nostro obiettivo è diventare un esempio in quest’ambito per tutta Palermo».
Certo, però bisogna anche dire che la città al momento fa i conti con scavi in diversi punti cruciali. L’assessore alla Mobilità, Giusto Catania, ha chiesto ai cittadini di stringere i denti perché in cambio al massimo fra un anno avranno il tram. È un giusto dazio da pagare? O si poteva apportare qualche correzione?
«Già in condizioni normali, ovvero senza cantieri, Palermo è afflitta da tre grandi emergenze: la scarsa efficienza del sistema dei trasporti, il decadimento della qualità ambientale ed infine le scarse condizioni di sicurezza. Non è un caso l’alto numero di vittime della strada degli ultimi anni superiori alla media nazionale. Sono criticità tutte consequenziali. Nell’area urbana si effettuano ogni giorno circa 200 mila spostamenti veicolari ed entrano dall’esterno altri 30 mila veicoli. A maggior ragione, quando si hanno cantieri e restringimenti bisognerebbe studiare con grande attenzione dei piani di circolazione alternativi».
È stato fatto questo?
«Sembrerebbe di no. Non mi sembra ci siano piani di larga portata che prevedano un assetto complessivo in maniera tale da rendere compatibile la presenza di cantieri».
Il Comune sente mai l’Università in materia di mobilità?
«Più volte ho espresso disponibilità alle collaborazioni, anche in prima persona al sindaco, questo invito non è mai stato raccolto, noi vorremmo interagire allo scopo di mitigare gli effetti negativi dell'enorme quantità di veicoli in città».
Al di là dei cantieri. In un futuro non troppo lontano si avranno tram, anello e passante ferroviario. Bastano per cambiare volto alla viabilità?
«Il passante sarà importantissimo, visto il numero di pendolari, circa 28-30 mila, la metà dei quali probabilmente si potranno affidare al treno per spostarsi dalla provincia al capoluogo. Penso che questo possa avere senz’altro effetti positivi».
E il tram?
«Temo contribuirà ben poco. Sono state pensate solo alcune linee che possono agevolare zone dove la domanda non è molto elevata. La linea tramviaria inoltre sottrae spazio alla superficie veicolare e il disagio sarà esteso anche alla circolazione pedonale. Se da una parte è sempre meglio che si riduca il numero di auto in giro, dall’altra chi si muove a piedi sarà costretto a lunghi giri per attraversare le strade e potrebbe aumentare il pericolo di gravi incidenti. Insomma ho dei dubbi, il tram funzionerà solo se la gestione del sistema sarà ottimale e l’amministrazione sarà in grado di affrontare le elevate spese di manutenzione del sistema».
A proposito, di chi ama passeggiare o spostarsi camminando. Il Comune avanza sulle pedonalizzazioni, poi concede il parcheggio sulla corsia preferenziale in via Roma. Giusto agire così ascoltando anche le esigenze dei commercianti o il provvedimento deve essere radicale?
«Ripeto: c’è la necessità di avere piani complessivi. Le isole pedonali devono essere definitive e non saltuarie o episodiche. È controproducente pensare a pedonalizzazioni solo per un arco della giornata o della settimana. Si deve pensare a una canalizzazione dei flussi veicolari stabile e definitiva. Poi di conseguenza alle aree riservate ai pedoni».
L’assessore Catania per ridurre l’inquinamento ha intenzione di riproporre anche le zone a traffico limitato. È una via sensata per uscire dalla cappa di smog?
«Qualunque provvedimento se ben studiato e ben attuato può avere effetti positivi, in altre città italiane ed europee le Ztl, ma anche le pedonalizzazioni e le piste ciclabili hanno risolto molti problemi».
Spesso si sostiene che è più complicato convincere i palermitani a cambiamenti sul traffico rispetto agli abitanti di altre grandi città?
«Non è affatto vero. Ribadisco: qualsiasi provvedimento, all’interno di un programma generale sulla mobilità, se offre anche vantaggi e non solo sacrifici alla collettività verrà apprezzato, se non nel breve periodo, di sicuro nel medio termine. Le faccio un esempio: tra il 1993 e il 1995, all’epoca della mia presidenza all’Amat, istituimmo le navette centrali. C’erano prima linee molto lunghe, anche una ventina di chilometri, e autobus che non arrivavano mai. Si pensava che il nuovo piano delle linee avrebbe causato proteste e barricate da parte dei cittadini anche per la riduzione della lunghezza delle linee e la necessità degli interscambi, invece il nuovo piano, incluse le aree di interscambio, venne accolto in maniera egregia e riuscimmo a passare da 5 miliardi a 35 miliardi di lire di incasso annuale, portando l’azienda nel ’94 quasi al pareggio di bilancio, pur non avendo all’epoca il beneficio dei contratti di servizio con l’amministrazione».
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