ROMA. Khadiga Shabbi, la ricercatrice universitaria libica condannata dal gup di Palermo, a febbraio scorso, ad un anno e otto mesi di reclusione per istigazione a commettere reati di terrorismo, ha ottenuto l'asilo in Italia.
La donna, dopo il verdetto, in quanto incensurata, era stata trasferita nel Cie di Ponte Galeria a Roma e da lì aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiata in quanto nel suo Paese c'è la guerra civile.
Shabbi era in Italia per un dottorato grazie ad una borsa di studio dell'università di Palermo pagata dall'ambasciata libica. Il caso che la riguarda era scoppiato nel dicembre del 2015, quando la Procura di Palermo, a seguito di una inchiesta della Digos, ne dispose il fermo.
I pm contestarono alla donna di avere fatto propaganda a gruppi integralisti islamici attraverso il web e diversi contatti con foreign fighters libici. La Procura ne aveva chiesto la condanna a 4 anni, il gup gliene ha dato uno e otto mesi sospendendole la pena e liberandola. Dopo la scarcerazione l'imputata, raggiunta dal decreto di espulsione del prefetto, è stata trasferita al Cie di Roma. Ora sta per lasciare il Cie.
La ricercatrice nel primo pomeriggio ha lasciato il Cie di Ponte Galeria. La donna, secondo quanto informa il direttore del Cie, ha ottenuto un permesso umanitario di due anni che le consentirà di rimanere sul territorio italiano. A concederle la protezione è stata la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.
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