PALERMO. Un uomo con un giubbotto scuro e un passamontagna calato sul volto si avvicina con un secchio bianco in mano verso il giaciglio dove qualcuno sta dormendo sotto delle coperte sistemate per terra in un portico.
A meno di un metro dal giaciglio, l’uomo nero svuota il secchio lanciando della benzina addosso all’ignara vittima; da sotto le coperte si scorge un sussulto; l’assassino fa tre passi indietro in modo repentino, dalla tasca estrae un accendino e fa di nuovo un balzo verso il giaciglio: dà fuoco. Si sviluppa una fiammata, l'uomo nero indietreggia di botto, fa un gesto per spegnere le fiamme che gli stanno bruciando i pantaloni e fugge.
E’ il film di un agguato terribile, la scena dell’atroce omicidio è immortalata da una telecamera di videosorveglianza. Sotto quelle coperte c'era un clochard Marcello Cimino, 45 anni, morto arso vivo. Il suo corpo carbonizzato viene ritrovato qualche ora dopo dai vigili del fuoco.
A commettere l’orribile delitto è un benzinaio di 45 anni. Interrogato dagli investigatori della squadra Mobile, Giuseppe Pecoraro, ha confessato di aver agito per motivi passionali. "Pensava che Cimino gli insidiasse la moglie», riferisce il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti. Tra i due c'era stata una lite qualche giorno prima, nella piazza vicina alla Missione San Francesco dei Cappuccini dove è avvenuto il delitto.
Gli agenti della squadra mobile, che erano già sulle tracce dell’assassino, non lo hanno trovato in casa ma per strada, con la barba fatta e con alcune bruciature sulla mano e in altre parti del corpo che cercava di nascondere. Di fronte alle contestazioni degli investigatori, che gli chiedevano in particolare l’origine di quelle ustioni, Pecoraro inizialmente ha tentato di giustificarsi dicendo di essersi bruciato «con la macchinetta del caffè». Ma dopo qualche ora è crollato e ha confessato: «E' vero sono stato io». Il benzinaio è accusato di omicidio volontario.
«Voglio congratularmi con la polizia per l’ottimo lavoro fatto. In meno di 24 ore è stato trovato e fermato il responsabile di un omicidio efferato», dice il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi.
Marcello Cimino era finito a vivere per strada dopo che tre anni fa si era separato dalla moglie, l’ultima volta le sue due figlie l’avevano visto per i funerali di una parente: stava dormendo come faceva da qualche tempo sotto il porticato della missione che si trova a pochi metri dal cimitero dei Capuccini.
Quello che aveva scelto come il rifugio dopo che la vita che gli aveva voltato le spalle è diventato la sua tomba. «È terribile, perché se un uomo è capace di fare un gesto di questo genere vuol dire che il cuore realmente sta diventando di pietra, un cuore che si indurisce, che perde se stesso, che perde la propria identità», le parole di dolore di monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo.
Sulla diffusione del video che riprende l’assassinio mentre compie il delitto la Procura di Palermo, che indaga sull'omicidio, ha aperto una indagine per violazione del segreto istruttorio e favoreggiamento. Per gli investigatori la diffusione del video avrebbe potuto compromettere l’inchiesta.
«Papà non meritava questo, chi l’ha ucciso deve fare la stessa fine», urla una delle figlie davanti al luogo del delitto; il padre aveva una casa, in via Vincenzo Barone nel Villaggio Santa Rosalia, ma aveva deciso di vivere per strada non avendo più un lavoro e cercando di racimolare qualche euro vendendo ferro vecchio e cianfrusaglie, recuperate nei cassonetti della spazzatura, nei marciapiedi del mercato abusivo che nei week-end viene improvvisato tra i vicoli del quartiere Albergheria.
«Siamo turbati da tanta brutale violenza», commenta il sindaco, che ha fatto esporre le bandiere a mezz'asta sui balconi del Palazzo Comunale. In ricordo di Marcello, domani sera si terrà una fiaccolata con il corteo che si muoverà da piazza Cappuccini fino a raggiungere la missione San Francesco, dove è avvenuto l’omicidio.
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