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Sicilia Donna, Elena Amico: talento e vocazione da chef

Ha affrontato, nonostante la giovane età, importanti sfide professionali e non solo. Elena Amico, 30 anni, è diventata l’emblema dello chef giovane e innovativo, rispettoso delle materie prime e delle esigenze del cliente. Come testimonia l’impegno nel gluten free. Elena è proprietaria del ristorante Sesto Canto a Palermo, con il socio, maestro e chef di grande esperienza, Riccardo Panarello. «Anche se non avrei mai immaginato - dice con un pizzico di timidezza - che un giorno si sarebbe potuta trasformare in professione, la mia passione per la cucina si è manifestata fin da piccolissima quando seguivo i nonni nella coltura dell’orto e nella pesca. Questo, insieme ad un’ educazione alimentare libera da pregiudizi e aperta a tutte le esperienze mi hanno permesso di diventare molto presto un’amante della buona tavola. Crescendo così è stato impossibile per me scampare alla seduzione dei colori, dei profumi, dei sapori e delle meraviglie che la natura ci mette a disposizione». Studi al Classico, poi un salto a Scienze Politiche ma è solo un passaggio perché già a 18 anni Elena era totalmente assorbita dal lavoro a tempo pieno nella cucina del suo ristorante. Lì, con grande umiltà, ha svolto tutti i compiti che una cucina richiede e pian piano, sotto la guida di Riccardo, si è avvicinata con passione e dedizione alle materie prime, alle loro qualità e alla loro manipolazione.

Ha avuto un percorso di successo. Ha avuto difficoltà, da donna, nel raggiungere i risultati che poi lei ha ottenuto?

«Non vi è dubbio che ancora oggi una donna debba faticare di più perché gli venga riconosciuto il ruolo che merita. Tuttavia, si può fare di necessità virtù. La fatica fatta mi ha permesso di temprare ancora di più il mio carattere e di sviluppare una tenacia ed una grinta che mai avrei immaginato di avere».

Ci sono degli episodi professionali simpatici in cui l'attestato di stima è arrivato quando meno se lo aspettava?

«Dopo una prima esperienza in Giappone al fianco dei Premiati Oleifici Barbera per una serie di seminari sull’olio EVO, in cui ho avuto la possibilità di conoscere e collaborare con alcuni rinomati chef giapponesi che, con mia grande sorpresa, mi hanno richiamata come chef italiana all’Italian fair food, al Ginza Mitzukoshi di Tokyo. Queste sono sicuramente tra le esperienze più belle e gratificanti della mia carriera».

La carriera, appunto, ha comportato sacrifici e rinunce. C'è qualcosa che non rifarebbe?

«Avendo cominciato molto giovane nella mia professione ho chiaramente dovuto rinunciare a tutte le cose che si fanno nell’età postadolescenziale. Non vi è dubbio che questo mi è costato, ma rifarei tutto quello che ho fatto, anzi, farei molto di più».

Parliamo della famiglia. Come sono stati affrontati i periodi più complessi dal punto di vista lavorativo?

«Non ho una famiglia mia, non sono sposata e non ho ancora figli, pertanto, gli aspetti più complessi della conciliazione casa lavoro non li ho vissuti».

Quanto pensa sia importante la sua famiglia nella sua vita e nel suo percorso professionale?

«Sono l’unica figlia di due splendidi genitori che, pazientemente, mi hanno sempre seguita nelle mie scelte e incoraggiata a dare sempre il meglio di me, se non fosse stato per loro sicuramente non sarei dove sono adesso. Mi ritengo davvero molto fortunata».

Oggi lei è un punto di riferimento nel mondo della ristorazione in Sicilia e non solo. Una sfida importante.

«La ringrazio per il complimento ma non è ancora tempo di montarsi la testa, anzi spero di non farlo mai. Se il “nostro” lavoro viene apprezzato è giusto condividerne il merito con il mio socio e con tutto lo staff del ristorante che si impegna e da il meglio nel lavoro».

Il settore della cucina: è estremamente delicato. Si vive di alti e bassi. Il talento, da solo, spesso non basta...

«Assolutamente vero. Di per sè l’organizzazione di una cucina richiede attenzione, disciplina, compostezza, rispetto dei ruoli… il tutto svolto in piedi per diverse ore in un ambiente spesso poco confortevole. Più in generale l’attività di ristorazione richiede notevoli capacità imprenditoriali ed è parecchio esposta ai vari imprevisti del momento: le crisi economiche, le bizze climatiche, le scelte politiche degli amministratori che possono stimolare così come frenare i flussi turistici o ancora, esempio eclatante, la pandemia che ci ha da dato grattacapi importanti».

Cosa la gratifica di più nel suo impegno quotidiano?

«Per prima cosa la possibilità di creare, utilizzare le materie prime all’apparenza più semplici per costruire sapori fatti anche di forme e colori. E poi, chiaramente, il riscontro del pubblico senza il quale sarebbe impossibile fare bene».

Da chef quale il piatto che ama e perché?

«Domanda difficile. Ci sono dei piatti a cui sono particolarmente legata perché mi evocano piacevoli ricordi ma in realtà non c’è “il piatto che amo”. Io amo mangiare e probabilmente per questo, nella mia vita, ho scelto di cucinare».

Ritiene che fare carriera oggi per una donna sia più semplice di qualche anno fa?

«Oggi fare carriera è difficile per tutti e come dicevamo prima alle volte alle donne è richiesto un impegno maggiore. Viviamo però un’epoca dove è più importante apparire che essere, dove per realizzarsi, in tutti i campi, si cercano scorciatoie. Fare parte di quelli che lavorano sodo per raccogliere dei frutti è per me motivo di orgoglio».

Parliamo del privato. Quali le sue passioni?

«Prima fra tutte viaggiare, girare il mondo per conoscere culture e tradizioni e arricchire il mio bagaglio. Sono una “guzzista” e amo anche fare lunghe gite in sella alla mia moto e di fondamentale importanza per me sono lo sport e la lettura».

Quanto riesce a dedicare al tempo libero?

«Per la verità non molto, per questo attribuisco al tempo libero un grande valore e cerco di utilizzarlo al meglio».

Infine, un consiglio alle giovani che sognano di diventare chef...

«Siate tenaci perché è un lavoro sì gratificante ma anche molto duro e capiteranno migliaia di occasioni in cui penserete di gettare la spugna».

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