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La virologa Ilaria Capua tra gli studenti a Palermo: «Spiego ai giovani cos'è la salute circolare»

Ha diretto i più importanti gruppi di ricerca nel campo delle malattie trasmissibili dagli animali per oltre trent’anni e ha sviluppato il concetto di salute circolare, naturale espansione del concetto «one health», ovvero un approccio integrato che promuove la salute degli esseri umani, degli animali, delle piante dell’ambiente, che riconosce la necessità di uno sforzo di convergenza maggiore tra le discipline.

Adesso, la alla famosa virologa, Ilaria Capua, esempio di «cervello di ritorno», per sua stessa definizione, ha ricevuto questa mattina alla scuola Don Bosco di Palermo il diploma di socio onorario della Sism (Società italiana di storia della medicina), una delle associazioni scientifico-culturali più antiche d’Italia. «La professoressa Ilaria Capua – ha sottolineato il presidente della Società italiana di storia della medicina, Adelfio Elio Cardinale - è una delle voci più autorevoli della virologia internazionale. Ha acquisito prestigio per la promozione del libero accesso ai dati riguardanti le sequenze genetiche dei virus influenzali e fama internazionale - ha poi proseguito -. per i suoi meriti nel campo della biologia delle malattie infettive, Capua si iscrive tra i protagonisti nella storia delle lotte alle pandemie».

La professoressa, che martedì 30 riceverà all’Università di Palermo la laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia, ha ricevuto il diploma davanti alle autorità cittadine e regionali, tra cui il sindaco Roberto Lagalla e l’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo. «Parlare ai ragazzi è uno dei modi per creare generazioni più consapevoli - ha detto a margine dell'evento la virologa -, dobbiamo convincerli che l’approccio che dobbiamo avere alla salute deve essere circolare, nel quale si deve rispettare la salute del sistema in cui viviamo, quindi le piante, gli animali, così come l’ambiente. Bisogna muoversi verso un sistema che abbia aria, acqua, terra e fuoco in equilibrio per un futuro più sostenibile».

Come lei, la professoressa spera in un rientro delle figure dei ricercatori in Italia e in Europa perché «si ha bisogno delle idee che vengono da fuori - sottolinea -. Spero con la mia esperienza di poter portare idee ed orizzonti nuovi ai ragazzi italiani». Orizzonti nei quali, dopo il Covid, va ricompresa la scienza delle malattie infettive, per troppo tempo relegata ad un’area di investimento e di ricerca minoritaria: «La pandemia ci ha insegnato che non possiamo dimenticarci delle malattie infettive - dice -. Bisogna investire nella sanità pubblica e nel controllo di queste malattie».

Un occhio al futuro, dunque, ma l’altro al presente, dove il virus continua a far parlare di sé: in Cina, infatti, si prevede una nuova ondata che arriverà al suo picco a fine giungo, con circa 65 milioni di casi a settimana stimati. «Dovremo conviverci per molto tempo - spiega la professoressa -. Rispetto alla Cina mi sento di dire che siamo più protetti di quanto non lo siano loro. Prima di preoccuparmi cercherei di capire che sta succedendo li. Noi abbiamo avuto accesso ai vaccini, abbiamo farmaci e diagnostici, un armamentario che tre anni fa non c’era. Inoltre, la Cina ha lo sfavore dei numeri: solo per vaccinarli due volte servirebbero quasi tre miliardi di dosi di vaccino; è normale che facciano più fatica».

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