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Esercizio di democrazia al centro Arrupe: primo confronto con Lagalla e Carta per una città migliore

Esercizio di democrazia al centro Arrupe: primo confronto con Lagalla e Carta per una città migliore

Un ciclo di incontri con l’Amministrazione comunale per discutere degli intenti e della direzione che il governo cittadino vuole intraprendere. Partendo dall’interrogativo «Palermo, cosa vuoi fare da grande?», il centro di formazione politica Pedro Arrupe ha dato il via ad un progetto basato sul confronto «franco e attivo», come lo ha definito il direttore Gianni Notari, con la politica cittadina.

Uno spazio dedicato alla dialettica e all’individuazione delle direttrici che la città deve seguire affinché si possa essere in grado di raggiungere un modello di città vivibile per tutti: «Questo è un esercizio di democrazia - ha sottolineato Notari -, un governo per poter essere efficace deve imparare ad ascoltare la domanda dei cittadini. L’amministrazione non fa solo dichiarazioni di intenti ma si confronta con chi vuole il bene della città».

Il primo incontro con l’assessore all’Urbanistica Maurizio Carta e il sindaco Roberto Lagalla ha avuto come tema principale la vocazione della città e su cosa e può desiderare una città come Palermo. Carta ha spiegato quale fosse la sua visione che «è la stessa di tutti i presenti. Palermo è una città che sta all’interno di processi ventennali che non sono mai andati a compimento. Adesso, però, è tempo che questi processi abbiano un inizio immediato. La visione è a lungo periodo: la città deve tornare ad essere policentrica. Non si può avere un solo centro e basta - prosegue l’assessore -. In questo modo si creano ancora più periferie e di questo ce ne siamo accorti durante il lockdown, quando si poteva stare soltanto a pochi metri da casa e ci si è resi conto che alcune zone che si considerano centrali perché vicine al reale centro della città, in realtà non lo sono. Mancano i servizi. E una città non si rende più accessibile solo con i mezzi di trasporto, ma riportando tutti quei servizi che oggi non ci sono più nelle zone ormai impoverite».

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