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Palermo, i dipendenti di Zara in piazza: «Siamo schiavi moderni, stipendi fermi da 17 anni»

I dipendenti di Zara, noto marchio di abbigliamento spagnolo, scendono in piazza per il mancato accordo sul contratto integrativo nazionale.

Questa mattina via Ruggero Settimo è stata invasa dalle bandiere dei sindacati, UilTucs, Filcam Cgil e Fisascat, al fianco dei lavoratori del gruppo Itx, che racchiude Zara, Zara home, Bershka, Pull &Bear, Massimo Dutti, Stradivarius e Oysho: fischietti e cartelli con scritto "Schiavi moderni" hanno accompagnato la forte protesta e le richieste che da oltre un anno vengono portate sui tavoli dell’azienda sulle quali non è stato trovato trovato un accordo.

Ad una crescita costante dell’azienda, in costante attivo ormai da diversi anni, non è mai corrisposto un adeguamento salariale a fronte di una mole di lavoro che pone i dipendenti sempre più sotto stress.

I lavoratori chiedono premi di produzione, un aumento dei buoni pasto e una maggiore retribuzione per le domeniche di lavoro: da oltre due anni, infatti, i dipendenti svolgono modifiche di mansioni, ore supplementari e straordinari dovuti all’aumento degli accessi nei negozi senza che l’azienda condivida i suoi fatturati milionari: "Dopo un anno di trattativa non abbiamo risposte certe - ha sottolineato Marianna Flauto, segretaria regionale e nazionale della UilTucs -. I dipendenti svolgono attività molto stressanti, noi auspichiamo che nella prossima riunione l’azienda dia le risposte che noi ci aspettiamo: alla crescita dell’azienda, che da diverso tempo ha aperto tanti altri punti vendita grazie al grande impegno di tutti i lavoratori, deve corrispondere una crescita economica e della qualità del lavoro che si svolge".

"I carichi di lavoro sono troppo alti - ha detto Roberta Marchione, dipendente dell’azienda -, chiediamo una giusta retribuzione e la chiusura del contratto integrativo, non ce la facciamo più. Chiediamo solo i nostri diritti dopo tanti anni, gli stipendi sono fermi da 17 anni". "Io sono entrata qui tanti anni fa, ero una studentessa universitaria - ha raccontato Ilaria Rupolo -, ora ho due figli. Noi chiediamo per le mamme del tempo maggiori da dedicare ai nostri figli: equa distribuzione degli orari e non uscire alle 22 dal negozio. Combattiamo per un contratto che non arriva da anni - ha proseguito Ilaria - abbiamo tante spese, non arriviamo a fine mese e loro vogliono anche riformulare gli incentivi. Noi vorremmo lavorare ed essere trattate come gli uomini".

L’azienda è anche accusata di discriminazione tra i suoi dipendenti: "Hanno revocato i buoni pasto per i lavoratori part time - ha sottolineato Manlio Mandalari, Filcam Cgil - è una discriminazione tra i lavoratori. Ci aspettiamo che l’azienda riveda la sua posizione". Discriminazioni che l’azienda attuerebbe anche a livello internazionale: "Il terzo gruppo a livello mondiale nel retail non può pensare di trattare diversamente i lavoratori che operano in nazioni diverse. Anche i lavoratori italiani hanno contribuito alla crescita del gruppo - ha detto Stefano Spitalieri, segretario della Fisascat -. La risposta, oltre a non cedere su questo punto, è stata di mettere in discussioni anche i premi resi irraggiungibili per i dipendenti: quando una azienda va bene, va bene grazie al contributo di tutti i lavoratori".

Intervista a Marianna Flauto, segretaria generale regionale e nazionale Uiltucs; Elisabetta Fiumefreddo, dipendente; Roberta Marchione, dipendente; Ilaria Rupolo,  dipendente; Manlio Mandalari, Cgil filcam; Stefano Ppitalieri, Fisascat

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