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Il boss della Kalsa Lauricella voleva fuggire, 4 arresti. Niente pizzo ai piccoli negozi di Villabate

La Cassazione, probabilmente, a giorni avrebbe reso definitiva la sua condanna. Per questo Salvatore Lauricella, figlio del boss del quartiere palermitano della Kalsa Antonio Lauricella, noto col soprannome di Scintillone, e fratello di Mauro, condannato per l’estorsione commessa per conto dell’ex calciatore del Palermo Fabrizio Miccoli, stava preparando la fuga. Un piano sventato dal blitz dei carabinieri che ha anche dato un nuovo colpo alla «famiglia» mafiosa di Villabate, paese in cui Lauricella vive, già pesantemente colpita dalle indagini dopo le rivelazioni del pentito Francesco Colletti, ex capomafia del piccolo centro alle porte di Palermo.

Su disposizione della Procura di Palermo, diretta dal procuratore Maurizio de Lucia, i militari del nucleo investigativo di Palermo oltre a Lauricella, hanno fermato altre tre persone: Francesco Terranova, Giovanni La Rosa e Vito Traina. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione. Dall’inchiesta è emerso che negli ultimi anni il clan si sarebbe riorganizzato potendo contare sul contributo degli uomini d’onore tornati in libertà dopo aver scontato le condanne.

Niente pizzo ai piccoli negozianti

Le indagini dei carabinieri  sono partite da accertamenti su alcune estorsioni nei confronti di imprenditori locali. Le richieste di pizzo servivano a soddisfare le esigenze di sostentamento degli affiliati, soprattutto di quelli in carcere. Ma non tutti i negozianti finivano nel mirino dei boss. A Villabate, per esemoio, erano solo le grandi realtà imprenditoriali locali a dover pagare. Il motivo? Secondo gli investigatori la scelta era frutto di una strategia di riconquista del consenso popolare attraverso una «pacificazione» con gli operatori imprenditoriali e commerciali economicamente più fragili. Non solo. Per affermare la propria gestione del territorio il clan puntava al controllo della piccola criminalità e dello spaccio nel comune di Villabate.

Metteva i soldi da parte per la latitanza

Salvatore Lauricella, figlio del boss detto Scintillone, fermato, insieme ad altri tre uomini d’onore dalla Procura di Palermo, mettendo insieme una grossa somma in contanti, si preparava a far perdere le proprie tracce prima che la Cassazione rendesse definitiva la sua condanna per mafia. Intenzione provata, tra l’altro, da una conversazione intercettata tra due mafiosi che parlando di Lauricella dicevano: «Il 25 aprile gli vengono le crisi...questo latitante ora si butta», diceva uno dei due. Il boss, lasciato il carcere dopo l’arresto, da Palermo si era trasferito a Villabate, circostanza che allarmava gli affiliati locali che temevano le ingerenze negli affari di un capo di peso come lui. «A Palermo puoi fare quello che vuoi, io ti voglio bene ma puoi andare a c..a largo», diceva un uomo d’onore intercettato riferendo una sua conversazione con Lauricella che era stato avvertito di rispettare gli equilibri locali.

Il boss Terranova voleva vendicarsi di un pentito

«Un pò di sangue glielo devo fare buttare però»: così Francesco Terranova, uno dei boss fermati oggi dalla Procura di Palermo, diceva meditando vendetta contro il pentito Stefano Lo Verso.

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