«Nella mission del Fai rientra il coinvolgimento delle nuove generazioni. Quest’anno per i trent’anni delle stragi abbiamo pensato di affidare il racconto del museo Falcone e Borsellino alle scuole». Così si è espressa Maria Scaglione, professoressa e volontaria del Fai, durante la visita dei ragazzi all’interno di quelli che furono i luoghi di lavoro del pool antimafia.
«Una sfida» l’ha definita, per cercare di tenere viva la memoria in chi quegli anni non lo ha vissuti, ha sempre e solo sentito racconti o visto documentari. Così, la scelta di farli entrare nelle stanze dove tutto avveniva, fargli toccare con mano fascicoli e vecchi computer. Ma soprattuto, far fare da cicerone ai ragazzi stessi: «Volevamo che a spiegare e approfondire la storia ai ragazzi fossero i loro stessi compagni», ha proseguito Maria Scaglione. Così, in queste mattinate, l’ultima domani, i ragazzi del liceo Finocchiaro Aprile hanno accolto i loro compagni di scuola e i ragazzi di altri istituti - Convitto nazionale, liceo scientifico Cannizzaro e il liceo Basile D’Aleo di Monreale -, rivelando piccoli dettagli e retroscena di una storia, purtroppo, bene nota. Immersi tra vecchi fogli, fascicoli e computer preistorici, i ragazzi hanno ascoltato in silenzio, attenti, con occhi curiosi e commossi. «È stato importante imparare queste cose. Lo è ancor di più cercare di trasmetterle ai propri compagni - racconta Federica Esposito, uno dei ciceroni -. In particolare, mi hanno colpito alcuni aneddoti che testimoniavano l’amicizia tra Falcone e Borsellino e l’umanità di questi luoghi».
«Sono giornate particolarmente importanti sia dal punto di vista formativo che educativo per i nostri ragazzi - ha sottolineato Pippo Catalano, professore del liceo Finocchiaro Aprile -. È un momento della trasmissione della memoria che avviene tra pari: noi abbiamo vissuto i giorni del Maxi, il clima delle stragi, e dobbiamo trasmetterlo nel modo migliore possibile a questo ragazzo. Lo so fa a scuola, ed è bene che i ragazzi lo trasmettano anche ai loro coetanei». Le giornate sono state condite da un’ampia partecipazione da parte delle classi, che ha reso molto soddisfatta anche Clelia Maltese, presidente dell’Associazione nazionale magistrato: ««Dimostra non solo come il museo Falcone e Borsellino sia un luogo di memoria e testimonianza ma un luogo di memoria per queste nuove generazioni che non hanno vissuto il 1992. La cosa più importante non è la visita, ma che facciano da ciceroni: questo gli permette di vivere emozioni che li portano a reagire. In loro vibra la memoria e il senso di appartenenza alla società civile».
«Questa è la vera scuola - hanno sottolineato Maria Bianco e Barbara Argo, insegnanti - il miglior richiamo alla memoria è portare questi ragazzi nei luoghi, farglieli vivere».
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