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«Si arricchì grazie ai boss», confisca da 17 milioni per Gammicchia: re degli pneumatici a Palermo

Non è un mafioso, anzi è formalmente incensurato. Ma la sua fortuna imprenditoriale ed economica sarebbe arrivata grazie alla intercessione della mafia. I successi sono quelli di Vincenzo Gammicchia, 74 anni, considerato «re» nel settore della vendita ed assistenza di pneumatici a Palermo, nei confronti del quale la Sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo ha confiscato un tesoro di circa 17 milioni, provvedimento eseguito dai finanzieri del comando provinciale.

Senza precedenti penali, «seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale - scrivono gli investigatori -, sia da ritenersi "colluso" al sodalizio mafioso, posto che il medesimo ha operato, fin dall’inizio della sua avventura imprenditoriale avviata negli anni ’70, sotto l’ala protettiva di cosa nostra, in particolare le famiglie mafiose operanti nei quartieri Acquasanta e Arenella».

Nella confisca sono finiti beni già sequestri dalla guardia di finanza tra la fine del 2019 e l’aprile del 2020. Si tratta di due aziende di vendita e riparazione di pneumatici, un consorzio di revisione dei veicoli, 28 immobili (appartamenti e magazzini), tra cui una villa con piscina a Palermo e una a Isola delle Femmine. Da aggiungere anche 32 rapporti bancari, 8 polizze vita ed una cassetta di sicurezza con preziosi ed orologi di pregio, oltre a nove fra auto e moto.

Gammicchia è accusato, anche da alcuni pentiti, di aver riciclato nelle propria attività soldi delle famiglie mafiose e nelle sue aziende si sarebbero tenuti anche summit fra boss. Insomma Gammicchia sarebbe stato a disposizione, tanto da avere la possibilità di non pagare il pizzo e beneficiare del sostegno di esponenti di spicco della mafia palermitana per eliminare attività economiche concorrenti, ricorrendo ad intimidazioni tipiche di cosa nostra. L'imprenditore, infatti, avrebbe chiesto ai boss dell'Acquasanta un favore molto particolare: temendo per l'apertura di un concorrente gli avrebbe fatto recapitare na testa d'agnello.

Nel 2015, fu invece Gammicchia a denunciare un'intimidazione del racket. Ma l'incendio non era finalizzato a chiedere il pizzo, l'imprenditore palermitano non l'ha mai pagato, quell'incendio era una punizione, Gammicchia si era permesso di comprare all'asta il bene di un mafioso.

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