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In fuga dalla guerra, dopo 15 anni Katia torna nella sua famiglia palermitana

L’arrivo di Katia con i suoi due bambini, in tarda serata, col volo diretto da Cracovia è una festa. Abbracci, baci, lacrime sotto lo sguardo dei piccoli che sorridono assonnati e spaesati. Finalmente al sicuro, al riparo da bombe, esplosioni e gente che fugge, da privazioni e incertezze, Katia e i suoi figli possono riabbracciare la famiglia palermitana che li ha sempre amati e seguiti anche da lontano. Anna e Giovanni Cirrito sono lì ad attenderli, emozionati e felici.

A casa Cirrito Katia era arrivata la prima volta nel lontano 2004, orfana sociale di sette anni. Per tre anni era stata ospitata durante le vacanze estive e natalizie dalla famiglia palermitana, generosa e unita , e aveva giocato con il loro figlio, Rosario, allora suo coetaneo. Poi la burocrazia ucraina li aveva separati. Niente visto, niente vacanze a Palermo. Ma il rapporto è proseguito nonostante gli ostacoli. Perciò è stato naturale per Anna e Giovanni offrire alla loro figlia lontana ospitalità e protezione da una guerra assurda.

Così Katia Logvinenko è tornata di nuovo a Palermo dopo quindici anni , stavolta da profuga: con due bambini piccolissimi, Nastja di quattro anni e Sasha di due. Ma tre lustri non hanno cambiato niente: ha ritrovato la sua famiglia , quella che non l’ha mai dimenticata, lo stesso affetto che supera ostacoli come a lingua, la lontananza, la burocrazia. Si ripete , quel miracolo di solidarietà, comprensione e accoglienza che l’ha sempre sostenuta, anche da lontano, grazie a internet e alle traduzioni del fratello Dimitro, come lei ospitato a Palermo, da un’altra famiglia sempre tra il 2004 e il 2007.

Katia stavolta ha viaggiato sola, ininterrottamente per cinque giorni. E’ fuggita da Kharkhiv, 1,5 milioni di abitanti, tra le prime città ucraine bombardate dai russi , dopo settimane di paura e notti insonni. Ogni giorno le bombe sono più vicine e le esplosioni sempre più forti. Di notte i bambini si svegliano e piangono. Quando il palazzo a cento metri da casa diventa uno scheletro annerito dalle fiamme, Vova, Katia e i due figli , insieme con Dima, il fratello di Katia, capiscono che devono scappare.

Comincia un viaggio allucinante. Dapprima con il marito Vova e il fratello Dima, fino a Dnipro. Si dorme in una chiesa attrezzata con letti di fortuna. Poi però è costretta a proseguire da sola perché gli uomini devono restare in Ucraina.

Katia ha paura ma sale , verso la salvezza, su un autobus diretto in Polonia con Nastja per mano e Sasha attaccato al collo. Un salto nel vuoto.

Di notte, mentre l’autobus procede verso Varsavia su strade buie secondarie tra soste infinite, da Palermo, Anna e Giovanni sono con lei, tramite Dima che al telefono le traduce i loro messaggi in ucraino , per incoraggiarla e guidarla. Dima la rassicura: Anna e Giovanni hanno comprato i biglietti aerei. Appena arriverà a Cracovia, finalmente è certo che, anche senza documenti per l’estero, potrà salire con i suoi bambini sul volo diretto per Palermo.

A Cracovia una famiglia polacca li ospita per la notte e la accompagna in auto fino all’imbarco. La Gesap ha stretto un accordo con la compagnia aerea e ha organizzato per i profughi ucraini la prima accoglienza e il presidio sanitario anticovid al Falcone Borsellino.

E’ una catena di solidarietà internazionale fra gente sconosciuta, improvvisamente unita e affratellata per aiutare, salvare: questo è il messaggio che arriva dall’odissea a lieto fine di Katia Logvinenko. La solidarietà , offerta ieri ai bambini ucraini orfani, oggi ha reso possibile il suo ritorno in Sicilia e i legami affettivi creati generano nuovi legami e nuova solidarietà.

Anna e Giovanni, le stesse persone che l’avevano accolta da bambina quando con il fratello di undici anni era stata strappata alla madre incapace di accudirli e ospitata a Kharkhiv presso la casa del Padre, un istituto per minori in difficoltà ad appena cinquanta chilometri dal confine con la Russia, oggi sono felici e in trambusto perché due bambini all’improvviso sono un bel terremoto.

“Siamo da mattina a sera in movimento – racconta Anna, 52 anni, impiegata – perché dobbiamo imparare a stare insieme e ci sono tante cose da fare. Ogni giorno andiamo con Katia ai giardini pubblici per far giocare i piccoli all’aria aperta. A breve li faremo visitare perché sono in buona salute ma leggermente sottopeso. Dobbiamo alimentarli in modo corretto per raggiungere il peso giusto. Con mio marito Giovanni siamo rimasti sorpresi piacevolmente - continua Anna - da quanta gente abbia aperto il suo cuore a Katia. Appena abbiamo chiesto aiuto sono arrivati vestitini, giacche altre scarpette, la visita pediatrica e perfino un’offerta per l’asilo nido gratuito da parte di un’affettuosa vicina, che è importantissima per tutti noi, per i piccini soprattutto che potranno inserirsi in un gruppo di coetanei”.

Katia ascolta sorride e annuisce. Capisce tutto ma parla pochissimo: del resto non è un problema, tra lei e Anna bastano gli sguardi, si intendono al volo, come figlia e madre. Frattanto i bambini giocano sul tappeto con Giovanni, tra i tantissimi giocattoli che hanno ricevuto in dono da parenti e amici.

La gattina Mia, che non gradisce le attenzioni di Nastja e Sasha, osserva la scena dall’alto di un armadio.

Malgrado il marito Vova insieme a Dima siano rimasti in Ucraina, di nuovo in pericolo perché i russi ora bombardano Odessa, dove si sono rifugiati in attesa di poter raggiungere Leopoli, Katia è visibilmente rasserenata perché Palermo per lei è sempre stata il luogo sicuro dell’ amore e del calore familiare.

Conosce fin dall’infanzia le difficoltà di vivere con poco perché l’Ucraina è un paese difficile, c’è povertà, si lavora duramente per stipendi insufficienti. Non sa nulla del futuro, quando potrà tornare a casa e se ritroverà la sua casa.

Tutto è vago e minaccioso tranne quest’oasi di pace offerta da Anna e Giovanni per lei e i suoi bambini.

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