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Shapu ha combattuto i talebani ora è cuoco a Palermo: "Temo per la mia famiglia in Afghanistan"

Si chiama Mohamed Shapu Safari, è afghano e fa il cuoco a Palermo da sette anni. Il suo cuore è spezzato, la testa è all’Afghanistan dove c’è ancora la sua famiglia. Era un comandante dell’esercito e ha combattuto per anni contro i talebani, poi la decisione di andare via e crearsi una nuova vita.

A Palermo fa il cuoco nel ristorante “Molti Volti” ma da qualche giorno i suoi occhi sono gonfi di tristezza per l’arrivo a Kabul dei talebani: “Mi sento davvero molto male per quello che sta succedendo nel nostro paese – dice Shapu Safari - non potevamo davvero immaginare che potesse succedere una cosa del genere. I talebani dovunque girano casa per casa alla ricerca di vendetta. Uccidono sparando direttamente chi aveva collaborato con il governo e con altre nazioni”.

Shapu è scosso, e alla domanda se si fida dei talebani e se sono cambiati rispetto a quando era lui stesso a combatterli, la risposta è questa: “Non sono assolutamente cambiati, sono sempre gli stessi. L’asino resta asino, non lo puoi cambiare. Per adesso hanno solo parlato ma siccome c’è tutto il mondo che li guarda allora stanno provando a trattenersi, poi appena i riflettori del mondo si saranno spenti, vedrete che loro torneranno peggiori di prima. Non cambieranno mai”.

Non si fida delle promesse dei talebani, dentro è ancora un militare, trattiene le lacrime e ripercorre brevemente i suoi anni di lotta in Afghanistan: “Io lavoravo nell’esercito, combattevo per il mio paese contro i terroristi. Ho combattuto qualche volta anche contro i talebani, poi ho capito che era una sfida impari e allora ho detto che non ce la facevo più e sono andato via dal mio paese. Sono andato in Pakistan, poi Iran, Turchia e poi Italia. Sono venuto a Reggio Calabria nel 2002, ho lavorato come collaboratore in cucina, anche lavapiatti e poi a Palermo ormai da sette anni sono cuoco in questo ristorante”.

La sua famiglia è in Afghanistan? “Sì, ho due sorelle, un fratello e alcuni nipoti che sono rimasti al mio paese. Tutti questi documenti che vedete e che vi mostro sono di parenti e amici che vogliono andare via e che mi hanno inviato per avere aiuto. Questa gente vuole andare via, ha paura, ha paura di morire. Io da quando è successo tutto questo, non so se sto dormendo o se sono sveglio, non capisco cosa sto facendo, ogni giorno vengo a lavorare qui al ristorante e appena finisco di lavorare vado da gente che spero possa aiutare la mia famiglia”.

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