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"Nessun patto. Carceri e non solo", sit-in a Palermo

L’ergastolo ostativo e il 41bis sono stati messi in discussione da CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) e dalla Corte Costituzionale, così oggi si è svolto a Piazza Verdi, a Palermo, il sit-in “Nessun patto. Carceri e non solo”: un momento di dialogo e protesta voluto dall’Associazione di Volontariato Our Voice - ODV e dall’Associazione Culturale Falcone e Borsellino.

“Lo stato non esiste”, “è una continuazione della trattativa Stato-Mafia”, “Chi può ideare una cosa del genere? O chi non conosce la mafia, o chi è colluso con essa”: sono questi i commenti pieni di amarezza dei parenti delle vittime di Cosa Nostra, che ancora una volta sono costretti a raccontare le loro storie, per monito, per ricordare cos’era la Palermo degli anni ’90. Ma non si sa se sarà abbastanza, perché dopo Pasqua è possibile che l’abolizione del carcere duro diventi realtà, con i conseguenti - e pericolosi - permessi premio per mafiosi e terroristi. Un giorno - magari - questi incroceranno per la strada i familiari delle vittime di mafia, che intanto, ancora, combattono per una verità vecchia trent’anni.

È il caso, per esempio, di Graziella Accetta, in attesa di giustizia per il figlio Claudio Domino che aveva 11 anni e tanti sogni nel cassetto, come quello di diventare un giorno veterinario, quando venne strappato alla vita da mano mafiosa nell’86. “Se non ci fossimo noi familiari nessuno farebbe vera antimafia - dice la mamma di Claudio - la facciamo noi, perché a noi bruciano le carni: andiamo nelle scuole a parlare ai ragazzi, diciamo loro di non cadere nei facili guadagni, di studiare, perché la cultura apre le menti e questo fa paura agli assassini”. Della medesima disillusione è Luciano Traina, fratello di Claudio, agente di scorta morto nella strade di via D’Amelio, che dice: “è molto duro pensare che i mafiosi possano godere di certi benefici dopo tutto quello che è successo. Non è che una continuazione della trattativa. Giovanni Falcone infatti diceva: seguite i soldi e arriverete dove la mafia dimora”.

“In quei giorni - dice poi Placido Rizzotto, parente dell’omonimo sindacalista ucciso da Cosa Nostra, a proposito delle stragi del ’92 - abbiamo davvero temuto per il crollo della democrazia. Oggi, 27 anni dopo, parliamo di premi per gli assassini non solo dei nostri cari, ma della democrazia, della libera concorrenza, dell’economia. Tutti i cittadini onesti sono vittime di mafia”, e in effetti tutta la cittadinanza potrebbe risentire di una tale modifica delle norme. A parlarne è Aaron Pettinari, capo redattore di “Antimafia Duemila”.

“Che rischi si correrebbero qualora si arrivasse ad avere nuovamente in libertà boss irriducibili, ergastolani, criminali che hanno fatto anche le stragi? Molteplici. Se non collaborano con la giustizia, se non rompono il patto con Cosa Nostra, i boss che tornano in libertà riacquisiscono gli stessi ruoli di potere che avevano in passato. Tutto quello che sta per accadere porterà a un arretramento nella lotta alla mafia, disincentivando le collaborazioni tra i boss e la giustizia. Non può che essere un terribile passo indietro”.

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