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Morti e poi resuscitati per intascare i soldi: i nomi e volti della truffa assicurativa a Palermo

Di miracoloso il sistema non aveva nulla. I morti semplicemente non erano morti. E "l'alzati e cammina" non si attaglia decisamente a questo caso. O forse si'. E' una collaudata e ricca truffa quella scoperta dalla polizia di Stato che ha eseguito l'operazione denominata non a caso "Lazzaro" che ha portato al fermo di indiziato di delitto, emesso dalla procura di Palermo, a carico di 6 persone accusate di fare parte di un'associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di frodi assicurative relative al ramo vita. Raggiri volti a ottenere la liquidazione del premio assicurativo previsto a seguito della prematura morte del contraente, attraverso la predisposizione di documentazione falsa e successivamente l'acquisizione e il sistematico investimento dei profitti riciclati in attività commerciali.

Un giro d'affari stimato in 5 milioni di euro e almeno 20 truffe documentate. Un meccanismo efficiente: il prescelto chiamato a fare il morto per finta, nella maggior parte dei casi era legato ai vertici dell'associazione da rapporti di conoscenza spesso lavorativa; il 'morto-vivo' contraeva una o più polizze assicurative sulla vita, indicando come beneficiario, nella maggior parte dei casi, il convivente, un parente o un altro componente del gruppo criminale.

Dopo il versamento da parte dell'assicurato di pochissime rate mensili del premio assicurativo, attraverso la presentazione agli uffici delle poste o compagnie assicuratrici dei documenti che attestavano il decesso dei contraenti, il beneficiario indicato nella polizza richiedeva il riscatto del premio assicurativo e otteneva l'intera somma prevista, successivamente movimentata attraverso svariati conti correnti. Un vorticoso giro di accrediti e successivi prelievi disvelato dalle verifiche di carattere patrimoniale e le intercettazioni telefoniche.

La documentazione prodotta era sempre la stessa. Il certificato di morte era completo in ogni suo dettaglio. L'esibizione della scheda di bordo relativa all'intervento del servizio 118 con l'indicazione precisa dei medici e del personale intervenuto che attesta il decesso. In alcuni casi l'inserimento tra la documentazione della Scheda Istat di morte, con un numero di protocollo, rilasciata dall'Unita' sanitaria provinciale di Palermo. La relazione del medico curante, corredata da timbro e numero di registro regionale, serviva a far credere alle compagnie assicurative l'esistenza di atti pubblici originali attestanti effettivamente la morte del contraente.

Le indagini, svolte dalla Squadra mobile di Palermo, hanno portato alla luce l'esistenza della struttura con un vertice capace di progettare e orchestrare le diverse e complicate fasi della truffa. Alla testa del gruppo criminale c'erano Danilo Di Mattei, Giuseppe Tantillo, Calogero Santi Frenna, con precedenti di polizia; muovevano le fila di tutto gestendo la fase di scelta dei soggetti da coinvolgere; accompagnavano spesso i 'futuri morti' per la stipula di uno o piu' contratti assicurativi; decidevano il momento in cui doveva procedersi alla dichiarazione di morte.

I tre capi, inoltre, curavano la fase di creazione materiale degli atti falsi da presentare alle compagnie; e poi si occupavano della accensione di conti corrente da parte dei beneficiari, per la ricezione del premio; determinavano le quote da distribuire. Ai fratelli Salvatore e Agostino Patti e a Salvatore Rini era stato affidato un altro ruolo cruciale: provvedevano a presentarsi come beneficiari e finti deceduti di alcuni contratti assicurativi e si occupavano della fase di smistamento delle somme accreditate dalle compagnie assicuratrici, attraverso innumerevoli movimentazioni di denaro e prelievi in contanti volti ad ostacolare la tracciabilita' delle somme ottenute. Accertate almeno 20 truffe assicurative, gia' liquidate o in procinto di esserlo, con introiti pari a circa 2.700.000 euro, cui si aggiungono i premi assicurativi in procinto di essere liquidati, per un potenziale totale ammontante a circa 5 milioni euro.

Numerosi gli indagati che fornivano il proprio contributo prestandosi a rivestire il ruolo di beneficiari o di finti morti, prelevando le somme accreditate su carte postepay a loro intestate, smistando le somme con successive operazioni di accrediti a terzi o di prelievi di contante. Persone a disposizione dell'associazione che, seppur formalmente morti per le compagnie assicurative, continuavano a svolgere normalmente la loro vita lavorativa e personale. Di Mattei e' ritenuto responsabile anche di diversi episodi di autoriciclaggio per avere investito parte dei proventi delle truffe nell'acquisto di immobili e in attivita' imprenditoriali relative a immobili adibiti a parcheggio e autorimessa in alcune delle piu' importati vie del centro cittadino, intestate formalmente a prestanomi.

Anche i fratelli Patti e Rini si sono resi responsabili di numerose operazioni di riciclaggio mediante il sistematico prelievo di ingenti somme di denaro contante che venivano rapidamente fatte sparire dai loro conti correnti una volta ricevute le liquidazioni dalle assicurazioni per essere redistribuiti a favore della compagine. Sequestrati beni mobili ed immobili nonche' numerose attivita' commerciali. Si tratta, in particolare di esercizi di autorimessa e parcheggio, esercizi di vendita di prodotti alimentari e caffe', quote di beni immobili, nonche' conti correnti utilizzati per le complesse operazioni di riciclaggio.

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