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Commerciante suicida a Palermo: "Casi in aumento per colpa del Coronavirus e del lockdown"

Quello accaduto a Palermo due giorni fa non è solo un triste - e purtroppo - ennesimo suicidio. A togliere la vita al sessantenne che vendeva abiti nei mercatini della città è stata, invece, la dura conseguenza del lockdown, la crisi economica, che dall’inizio dell’anno, come rileva l’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” della Link Campus University e come raccontato da Salvatore Ferro in un approfondimento sul Giornale di Sicilia, ha portato al gesto estremo e disperato 42 persone, di cui 25 durante il lockdown forzato e 16 nel solo mese di aprile.

"Alla luce della pandemia che stiamo vivendo, i dati di suicidio si sono moltiplicati”, racconta Viviana Cutaia, psicologa, psicoterapeuta e coordinatrice del Telefono giallo dell’Afipres ‘Marco Saura’. “All’help line durante il lockdown abbiamo ricevuto circa 500 chiamate e 150 persone prese in carico. Alcune classi hanno risentito maggiormente del rischio suicidario: le professioni sanitarie e gli imprenditori, che soltanto a maggio del 2020 erano circa in 25 a togliersi la vita”.

L’Onulus Marco Saura, che ha anche un ambulatorio in partenariato all’interno dell’Asp 6, è nata nel 1993 a Palermo per iniziativa della sua presidente Livia Nuccio, e oggi offre il suo servizio a chiunque ne abbia bisogno in tutta Italia: chiamando il numero verde 800 01 11 10 si può parlare con una voce amica, ovvero con un operatore altamente formato per la prevenzione del suicidio. Gli esperti di Afipres dicono che sono tante le sfide che ci sono poste davanti non solo dalla vita, ma anche dal luogo in cui abitiamo.

“Noi conosciamo bene il territorio palermitano”, continua Viviana Cutaia, “che da una parte ha dei fattori protettivi - il clima, la relazione sociale che i siciliani instaurano - ma dall’altra una serie di fattori di rischio, quali la disoccupazione, il disagio mentale, il non raggiungimento degli obiettivi prefissati a causa purtroppo della mancanza del lavoro. Viviamo in una società complessa in cui la fragilità, la vulnerabilità sono all’ordine del giorno per via della competizione, e perché il raggiungimento di standard elevati non è possibile per tutte le categorie sociali, spesso proprio a causa delle crisi economiche”.

Le morti per suicidio, comunque, rimangono sottostimate, poiché un forte tabù su questo fenomeno falsa i dati: “non tutti i suicidi vengono classificati come tali”, dichiara Cutaia, “nelle classificazioni possono esserci dei suicidi lenti, che non vengono considerati al pari, per esempio, del defenestramento o dell'ingerimento di una grande quantità di farmaci”.

Di fondamentale importanza è l’azione preventiva che consiste nell’attività di psicoeducazione, di lavoro di rete e di lavoro con i familiari. A questi ultimi, così come agli amici di qualcuno che sta soffrendo, basta poco per salvare una vita. “Ascoltare di più”, dice Viviana Cutaia, “essere presenti. Sono la solitudine e il senso di abbandono, davanti a dei fattori esterni che ci possono travolgere, i nostri veri nemici. È altrettanto importante non avere timore di chiedere aiuto ai professionisti qualora ce ne sia bisogno”. Talvolta però, anche chi vive a stretto contatto con una persona intimamente infelice non se ne rende conto finché non diventa troppo tardi. “È possibile individuare i segni predittori di un’idea suicidaria o autolesionista”, continua Cutaia, “in chi, per esempio, parla spesso di morte, o nei testi cupi di adolescenti nei social networks o in lettere particolarmente oscure di persone anziane”. Ecco allora che nella sfuggente e narcisistica società in cui viviamo un’attenzione in più rivolta agli altri può svelare l’enorme quantità di invisibili sofferenti che si aggirano tra noi: le storie sono delle più disparate e gli operatori di Afipres ne sono venuti a contatto proprio durante il lockdown. “La sofferenza è tangibile, l’abbiamo toccata con mano”, racconta ancora Cutaia, “nel primo periodo ricevevamo molte telefonate da Bergamo e da Milano di gente disperata che piangeva al telefono e che si ritrovava davvero sola. Restare in casa è stato particolarmente difficile per alcuni. A Palermo una ragazza è stata abusata dalla famiglia, ma essendo accaduto nel periodo del lockdown non è riuscita a denunciare e ad allontanarsi”. Il servizio dell’help line è attivo 24 ore su 24, completamente gratuito, e, come dice uno degli slogan di Afipres, ‘basta una telefonata per salvare una vita?’.

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