Nell'ambito dell'indagine Abiad, tra i 15 fermati nelle province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia, un tunisino accusato di apologia del terrorismo islamico.
Dalle indagini è emerso che la gestione dei viaggi illegali dalla Tunisia alla Sicilia dell’organizzazione indagata, oltre ad alimentare i gruppi di clandestini presenti sul territorio nazionale, ha rappresentato una più grave minaccia alla sicurezza dello Stato in ragione delle posizioni radicali pro Stato islamico rilevate in capo a uno dei tunisini fermati che aveva peraltro funzione di cassiere dell'organizzazione.
Attraverso approfondite analisi sui profili social, si è scoperto che l'indagato gestiva, mediante lo strumento informatico, una intensa attività d’istigazione e di apologia del terrorismo di matrice islamista, inserendosi nel network globale della propaganda e promuovendo gli efferati messaggi dell’organizzazione terroristica Daesh.
In linea con la cosiddetta Jihad 2.0 - che vede nell’operatività dei “mujaheddin virtuali” - si adoperava per la diffusione e condivisione tramite social network di documenti e di materiale video-fotografico volti al proselitismo e alla promozione dello Stato Islamico.
L’uomo aveva attivato anche diverse identità virtuali false per sfuggire agli strumenti di controllo.
Attraverso i vari profili riconducibili all’indagato, oltre alla diffusione di efferati messaggi, erano esaltate anche più crudeli attività terroristiche condotte in Tunisia, Iraq, Siria, Medioriente, Europa e Stati Uniti, così come erano curati i contatti con altri profili di altri utenti impegnati nella promozione di simili attività terroristiche.
La pericolosità dell'organizzazione era esponenzialmente amplificata anche perché i proventi custoditi nella “cassa comune” dell’organizzazione potevano anche essere utilizzati per fini diversi rispetto a quelli dell'immigrazione clandestina.
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