PALERMO. «Credo sia il momento di regolamentare, con una norma ad hoc, lo scambio imprenditoriale-mafioso. La normativa attuale offre categorie che non sempre possono applicarsi ai rapporti di stretto collegamento e scambi reciproci tra la mafia e certa imprenditoria».
Ad auspicare una norma simile a quella sul voto di scambio politico-mafioso è il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi che ha partecipato alla conferenza stampa in cui sono stati illustrati i particolari dell'indagine dei carabinieri che ha portato all'arresti di 62 persone. Lo Voi ha sottolineato che solo alcuni imprenditori coinvolti nell'inchiesta hanno collaborato. «Chi fa affari con la mafia, chi si inginocchia - ha aggiunto - dovrebbe essere inquadrato in una specifica fattispecie penale perchè allo Stato, con le norme esistenti, faccio fatica ad individuare la 'categorià idonea. Alla conferenza stampa hanno partecipato il comandante del Ros Giuseppe Governale e il comandante provinciale dei carabinieri Giuseppe De Riggi.
«Cosa nostra continua ad osservare le regole antiche come quella della segretezza». Lo dice il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi nel corso della conferenza stampa in cui sono stati illustrati i particolari delle indagini dei carabinieri che hanno arrestato 62 componenti mafiosi di Palermo e della provincia.
Dall'inchiesta emerge che si perpetuano le «leggi» interne di cui parlavano pentiti storici come Buscetta e Contorno: dal divieto di parlare di argomenti legati al clan con soggetti non introdotti secondo modalità e canali appropriati, al perpetuarsi della presentazione rituale, al sostegno alle famiglie dei carcerati, al divieto di ricorrere alla giustizia dello Stato e all'obbligo di tutelare i latitanti. Vigono, poi, ancora, i requisiti morali per l'ingresso in Cosa nostra, come la mancanza di vincoli di parentela con i magistrati e gli esponenti delle forze dell'ordine.
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