Gli avvisi di accertamento non erano stati notificati correttamente, ma dopo 60 giorni era comunque partita la cartella di pagamento. Dieci anni dopo la Commissione tributaria regionale ha annullato una maxi cartella dal valore di 800 mila euro, riconoscendo che gli atti impositivi presupposti non erano mai arrivati nell’effettiva conoscenza del contribuente. Protagonista della storia è l’imprenditore nel settore enologico Franco Calderone, difeso dall’avvocato tributarista Alessandro Dagnino, socio fondatore di Lexia Avvocati e responsabile dell’area tax dello studio legale. Con l’annullamento della maxi cartella, Calderone vede cassata una sentenza di primo grado del 2014 a lui sfavorevole. A mettere la parola fine a questa vicenda la Ctp Sicilia composta dai giudici Ignazio Gennaro (presidente), Salvatore Forestieri (relatore) e Maria Miceli (consigliere).
«Gli avvisi di accertamento - si legge nella sentenza, dalla quale è scaturita l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella impugnata - non possono essere ritenuti validamente notificati, a causa della mancanza della ricevuta di ritorno delle raccomandate con le quali è stata data notizia dell’avvenuto deposito dei plichi in cui gli stessi accertamenti erano contenuti». Sebbene il ricorso sia stato accolto per vizi di notifica, l’avvocato Dagnino sottolinea come la pretesa fiscale fosse anche sostanzialmente infondata. «Gli accertamenti del 2012 mai pervenuti al cliente, erano basati sugli stessi presupposti di un accertamento precedente del 2011. Quest’ultimo era stato correttamente notificato, è stato impugnato ed è stato annullato dalla Commissione tributaria nel merito. La mancata notifica degli accertamenti del 2012 e il fatto che dopo 60 giorni sia scattata l’iscrizione a ruolo rischiava di fare riconoscere come incontestata una pretesa che però i giudici nel precedente analogo giudizio avevano dichiarato essere infondata. D’altra parte, se il contribuente avesse conosciuto gli ulteriori due accertamenti avrebbe certamente avuto interesse a impugnarli, forte della precedente decisione favorevole nel merito. L’ingiustizia - conclude Dagnino - sarebbe stata quindi doppia».
Quella di Franco Calderone è però la storia di un imprenditore coinvolto in decine di processi, come racconta lui stesso: «Per avere fatto impresa ho subito circa 13 procedimenti giudiziari fra processi penali, civili e tributari». Un personaggio in qualche modo noto, visto che ha dato vita a un movimento politico di impronta meridionalista nel quale è impegnato. Dieci anni divenne famoso come leader palermitano del movimento dei Forconi.
Tutto inizia nel 2000, quando Calderone realizza un progetto ricorrendo a dei benefici stanziati da quello che oggi è il ministero dello Sviluppo economico. «Ho realizzato – dice Calderone - oltre 3 milioni di investimenti fra Marineo e Misilmeri. Poi sono iniziati i guai giudiziari: mi sono state recapitate cartelle esattoriali per 4 milioni fra Irpef e Irap, mi sono trovato con l’azienda sequestrata, ho dovuto subire il peso morale delle accuse e ho subito il peso di una giustizia lenta. Ho dovuto interrompere la mia attività e ho avuto due infarti. E - prosegue- la cosa che più di tutte non accetto è che qui nessuno pagherà i danni fatti all’azienda. Infatti come è chiaro – conclude l’imprenditore – mi è stata rubata la serenità che sarebbe servita per dedicarmi alla mia impresa».
Nel 2011 i controlli portano gli inquirenti a ritenere false alcune fatture contestando così le compensazioni dell’Iva operate da Calderone. Iniziano non solo i processi tributari ma anche quelli penali. Mentre questi ultimi proseguono quelli penali si risolvono con l’assoluzione. Poi però iniziano i guai civili. Il Ministero revoca erroneamente parte dei finanziamenti erogati. Anche in questo caso, così, Calderone è costretto a fare ricorso e lo vince. Dopo dieci anni arriva a conclusione anche il processo tributario: gli accertamenti non furono correttamente notificati e il contribuente non ne ebbe effettiva conoscenza. «Adesso attendo - chiude Calderone - l'esito del processo civile di appello. Infatti, ho dovuto fare ricorso avverso una sentenza che mi dava ragione ma conteneva un errore di data».
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