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Scatti di denuncia per le donne afghane: a Palermo la mostra di Steve McCurry

Neanche i nomi sulle tombe, alle donne afghane sono negati anche quelli. E le scuole, gli autobus, i taxi, i cinema, i teatri, che peraltro sono chiusi perché luoghi di perdizione. Non ci sono più giornaliste nei tg, attrici nelle soap opera, le bambine non studiano, rinchiuse tra pochi stracci che fungono da letto fino a quando non verranno vendute ad uno sposo. In Afghanistan hanno cancellato le donne, togliendo loro ogni memoria. Steve McCurry, il fotografo che vent’anni fa consegnò al mondo lo scatto della bambina afghana dagli stupefacenti occhi verdi, ha costruito al Palazzo Reale di Palermo, con la Fondazione Federico II, For Freedom, un percorso per immagini che inchioda la condizione femminile dopo il ritorno al potere dei talebani. Il tutto sotto un enorme cerchio rosa shocking che campeggia sull’ingresso del palazzo dei re svevi, con una voce che rimbalza sul selciato: sono i versi di Meena, attivista afghana uccisa nel 1987, una delle tante voci femminili recise di netto.

McCurry da quarant’anni racconta l’Afghanistan, la mostra segue concettualmente l’evoluzione della condizione femminile nel paese talebano: ci sono gli interni dove le bambine e i bambini giocano insieme, la scuola con i primi segni. Poi le strade si dividono di colpo: le ragazze vengono chiuse nelle case, o sotto impossibili burqa color del cielo. Le spose sono in vendita: occhi bistrati e labbra a cuore, le bimbe sono pronte, forse un cane vale di più.

McCurry non è mai violento espressamente, le foto raccontano visi, gli occhi sgranati sono quelli della meraviglia. Il percorso inizia dal cortile Maqueda con quattro gigantografie che poi si ritroveranno tra i 48 scatti via via ingabbiati (anche fisicamente) in una struttura portante, un tunnel di immagini attraverso cui passi ma non rimani indenne. Ci sono la vita e la morte, ma è inutile parlare di rinascita per un Paese lanciato all’indietro. For Freedom ha il merito di non spegnere il riflettore, offuscato da un’altra guerra più presente: in Afghanistan si sta consumando un eccidio, e il mondo sta lì a guardare.

«Una mostra – ha detto il presidente della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè – da leggere come la dimostrazione che Palazzo Reale è vivo, conscio delle sue radici multiculturali ma con uno sguardo sul mondo. È un luogo di convivenza tra i popoli e dunque non può ignorare la violazione dei diritti umani, in questo caso i diritti delle donne afghane».

In ore in cui i telegiornali e le trasmissioni rimandano immagini di esplosioni, popoli in fuga, bambini e mamme morti sotto le bombe, in Afghanistan si consuma il silenzio. «Il punto focale di For Freedom – ha detto Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II - è la violazione dei diritti fondamentali, connaturata alla guerra e alla sopraffazione. Un oltraggio morale all’umanità, che ormai da oltre un mese stiamo rivivendo. L’arte di McCurry rappresenta uno spazio di libertà guadagnato per denunciare la violazione dei diritti umani».

Ieri per il vernissage, le parole di Meena, lette da Gisella Vitrano, sono state interrotte solo dal ritmo di Brides on sale della rapper Sonita Alizadeh, che dà voce alla rabbia di 27 milioni di minorenni costrette, come lei, a sposarsi.

La mostra sarà aperta fino al 17 luglio.

Le didascalie

Foto numero 1
Una giovane profuga e suo padre, vicino a Feyzabad. La loro famiglia stava tornando al proprio villaggio dopo aver vissuto per 12 anni in un campo profughi. Feyzabad, Afghanistan, 1990

Foto numero 2
Ragazze a scuola a Kabul. I talebani hanno gravemente limitato il diritto all’istruzione delle donne e delle bambine. Kabul, Afghanistan, 2002

Foto numero 3
Coperte da capo a piedi nel tradizionale burqa, le donne in giro per acquisti a Kabul segnano il ritorno dell’Afghanistan al fondamentalismo islamico. Kabul, Afghanistan, 1992

Foto numero 4
Le ragazze giocoliere per il Mobile Mini Circus Kabul, Afghanistan, 2016

Foto numero 5
Una donna dà da mangiare alle colombe davanti alla Moschea Blu a Mazar-i-Sharif. La moschea è ritenuta così sacra che, secondo una leggenda, se una colomba con qualche macchia di colore tra le piume si avvicinasse alla moschea diventerebbe immediatamente di colore bianco puro. Mazar-i-Sharif, Afghanistan, 1991

Foto numero 6
Una vedova costretta a mendicare esce da un ristorante dopo aver ricevuto del denaro da un benefattore. Maimana, Afghanistan, 1992

Foto numero 7
Dal 2002 il «Mobile Mini Circus for Children» ha realizzato e condotto laboratori per più di 2,7 milioni di bambini in 25 province in tutto l’Afghanistan. La combinazione tra intrattenimento ed istruzione ha aperto la strada alle attività culturali persino in quelle parti del paese in cui la musica, il canto ed altre forme di espressione artistica erano state soppresse o dimenticate da decenni. Kabul, Afghanistan, 2016

Foto numero 8
L’allestimento: For Freedom è il racconto fotografico di un dramma in pieno svolgimento: un nuovo progetto autoriale che racchiude 49 immagini.

Foto numero 9
Un gigantesco cerchio viola campeggia sul prospetto del Palazzo Reale di Palermo. Simbolo dell’uguaglianza, della vita, della morte e della rinascita.

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