Si alzano gli occhi e si respira aria internazionale come quando si gira per le vie di Parigi, Berlino, Londra. Si assiste a una mostra all’aperto avveniristica, come a a New York o a Tokyo. Ma succede a Palermo, ammirando le gigantografie con le immagini di musicisti jazz affisse all’esterno del Real Teatro Santa Cecilia o lungo il basamento di Palazzo Gangi.
Un colpo d’occhio immenso, che ha come protagonisti centinaia di artisti che si sono susseguiti nelle loro esibizioni in quasi cinquant’anni di storia di jazz del Brass Group, già a partire dal 1974 quando Irio De Paula scelse di inaugurare lo scantinato di via Duca della Verdura, sede storica del Brass.
Con questo maestoso allestimento è stata inaugurata la prima edizione del Sicilia Jazz Festival a Palermo, all’interno del Jazz Village, e di cui una parte risiede sul ponteggio del Palazzo Valguarnera Gangi su concessione della principessa Carine Vanni Calvello Mantegna. La Installazione è stata curata dall’assessorato regionale del Turismo, Sport e Spettacolo e al suo interno, con la ideazione e progettazione dell’architetto Laura Galvano, che è riuscita con abilità e creatività innovative, in pochissimo tempo, appena un paio di mesi, a far rivivere di suoni e musica le facciate di due monumenti del centro storico di Palermo. Una installazione davvero unica e con una resa eccezionale sia come scenografia che come rappresentazione della storia e della cultura jazz. Il contenuto e la grafica sono stati curati invece direttamente dalla Fondazione The Brass Group, in particolare i testi da Rosanna Minafò e da Domenico Cogliandro, le foto da Arturo di Vita e Luigi Giuliana e la grafica da Gianni La Rosa, per un totale di ben 110 fotografie, ognuna con un racconto ed un ricordo del Brass.
Ti scorre davanti la storia della musica, di jazz camminando lungo le strade del centro storico, osservando così gli 8 totem trifacciali, alti 3 metri con ben 72 foto, 27 gigantografie da 3 x 3 metri ognuna per 81 metri lineari e 11 gigantografie da 4 metri per 3 arricchite da citazioni storiche appartenenti ai grandi del Jazz come Miles Davis, Dee Dee Bridgewater, Pat Metheny, Oscar Peterson, Charles Mingus, Frank Sinatra, Gil Evans, Herbie Hancock, Arturo Sandoval, Lionel Hampton, Chet Baker, David Miller, Michel Petrucciani, Sarah Vaughan, Milt Jackson, John McLaughlin, Dionne Warwick, Fabrizio Bosso, Darius Brubeck, Halie Loren, Joyce Moreno, Kyle Eastwood, Raul Midon, Roberta Gambarini, Tony Hadley, Richard Bona, Gonzalo Rubalcaba, Aziz Mustafa Zadeh, Pat Martino, giusto per citarne alcuni.
I curiosi potranno leggere delle citazioni come quella che riguarda Tony Scott: «Venne a Palermo ospite del The Brass Group, nel novembre del 1974, per esibirsi in quartetto con Garsia al piano, Salerno al basso e Cavallaro alla batteria. Una sera al jazz club di via Duca della Verdura, mentre al clarinetto esponeva l’introduzione di Stardust di Hoagy Carmichael, uno spettatore che fischiettava fu colto alla sprovvista da una pausa. Scott staccò il clarinetto dalle labbra e guardandolo gli disse: “Conosco, grazie!”».
Ed ancora vengono ripresi i primi anni di intensa attività. «Siamo alla fine del 1976, nel Jazz Club vi erano state le numerosissime esibizioni della Brass Group Big Band, i concerti di Lee Konitz, Chet Baker, Johnny Griffin, Don Cherry, Lou Bennett, Charles Mingus, Perigeo, Franco Cerri. Ed ancora, il concerto di Lionel Hampton, il festival estivo con Sarah Vaughan, Dizzy Gillespie, Archie Shepp, Art Blakey e poi Charles Tolliver. Questa attività aveva lasciato un segno profondo per tutti gli amanti del jazz».
Nella bellissima foto, così imponente di Charles Mingus, Luigi Giuliana scrive «Nell’intervallo tra due concerti vidi Mingus seduto, pensieroso con una mano sulla tastiera del contrabbasso e uno dei suoi sigari cubani nell’altra... montai un teleobiettivo sulla mia reflex e cominciai a mettere a fuoco. Lui si accorse di me e sorrise». Si legge anche della protesta durante la quale vengono fatti diversi appelli da parte di grandi musicisti a favore del Brass Group. Tra questi, Renzo Arbore da New York. Il grande musicista e showman, ospite in quel periodo dell’Istituto italiano di cultura della Grande Mela, ha voluto esprimere la propria solidarietà verso la Fondazione The Brass Group con queste parole: «Qui stiamo celebrando il jazz. E c’è una fondazione, quella di Ignazio Garsia, che è veramente importante per la storia del nostro Paese e la cultura della Sicilia, una delle regioni che hanno fornito il maggior numero di musicisti. È un peccato che le istituzioni non proteggano questo Brass Group che rischia di essere sciolto».
L’idea progettuale nasce per promuovere il Sicilia Jazz Festival attraverso un’installazione urbana che si snoda tra alcune arterie del centro storico di Palermo. In particolare sono state coinvolte la piazza Teatro Santa Cecilia, il vicolo Valguarnera, la via Cantavespri e la piazza Croce dei Vespri. Le arterie e gli spazi urbani costeggiano, in vario modo, Palazzo Gangi di Valguarnera e collegano il Teatro Santa Cecilia con la Galleria d’Arte Moderna. Allo stato attuale, a seguito di lavori di restauro, il prestigioso palazzo Gangi di Valguarnera è interamente occluso alla vista dei visitatori per la presenza di un ponteggio. Il progetto così ha volute ricoprire interamente l’opera provvisionale e le reti che lo rivestono con un’installazione artistica che riutilizza il materiale, nastri di carta metallizzata, di colore oro e argento, già usato per l’installazione «Ciak… si torna a girare a Taormina».
Il progetto intende fare un’operazione di travisamento, ovvero rendere una nuova realtà, sebbene momentanea, diversa da quella in cui siamo abituati. L’artificio artistico ha inizio dal teatro Santa Cecilia. L’installazione sembra così uscire, leggiadra come una musica, da due finestre del secondo ordine del teatro e dopo aver attraversato, in quota, la via Cantavespri, avvolge, come fosse un manto dorato, i fronti di Palazzo Gangi grazie alla disponibilità offerta dalla Principessa Carine Vanni Calvello Mantegna.
L’installazione artistica è un atto dinamico. Il vento fa muovere i nastri argentei e dorati e la luce produce riverberi e scintillii tali da rendere immateriale la percezione dei volumi rivestiti. Il colore oro e argento dei nastri metallizzati, che rivestiranno il ponteggio esterno, rimanda alla preziosità degli interni del settecentesco Palazzo Gangi. Il tutto è percepito come uno scrigno d’oro e d’argento che contiene e custodisce un gioiello dell’architettura siciliana.
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