PALERMO. È il romanzo fotografico di Palermo anni ’60 e ’70 che sta per lasciare la povertà simbolo del Cortile Cascino e balla il rock alla Stazione Centrale, in ritardo. Città che emigra in treno verso il nord, che parte per l’America con il Vulcania e mentre la nave si allontana un fratello con lo scialle nero resta sul molo. E nelle campagne un uomo con la lupara sorveglia la Targa Florio.
Palermo in ritardo su tutto, che ancora cammina a piedi sopra i binari della stazione come i pionieri delle ferrovie. Con qualche fervore culturale e slancio sociale, se ci sono grandi nomi di passaggio, se Danilo Dolci e sua moglie di notte scrivono proteste sui muri del Palazzo di giustizia: «Chi tace è complice». Palermo con tutto questomasenza politica,senza mafia e senza morti.Come una bella canzone volutamente senza pathos è la Palermo in mostra aPalazzo Ziino, nelle foto di Franco Scafidi che con il fratello Nicola è l’erede di una dinastia di fotoreporter iniziata dal padre Giusto.
Cento immagini firmate da un fotografo attento alle vicende del dopoguerra, presente per il quotidiano L’Ora, per il Giornale di Sicilia ed altre testate in tutti i delitti di mafia. Franco Scafidi oggi narratore per immagini della vita sociale e culturale della città.
«I due volti di Palermo, gli anni ’60 e ’70», una mostra promossa dal Comune di Palermo, dalla Fondazione Ignazio Buttitta e dalla Fondazione Leonardo Sciascia. Per la curatrice e responsabile dell’allestimentoa Palazzo Ziino, Mariasanta Buscemi, le immaginidi Franco Scafidi «sono lo specchio del tempo e rappresentano quell’epoca di quaranta, cinquant’anni fa con le sue abitudini e le sue angosce, i suoi miti e gli ideali: sono immagini che narrano di luoghi oggi totalmente diversi e anche di altri rimasti invariati, sono frammenti di realtà che divengono testimonianza storica di altissimo valore».
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