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I concerti del teatro Massimo: a Palermo la Messa da Requiem di Verdi - Foto

PALERMO. È la Messa da Requiem che Giuseppe Verdi compose in onore di Alessandro Manzoni dopo la sua morte, l’omaggio che rese al “Grande” che tanto ammirava. Il Requiem, diretto da Roberto Abbado, è in programma domani alle 20.30 al Teatro Massimo di Palermo, ultimo appuntamento della stagione concertistica prima della pausa estiva, con l’Orchestra, il Coro del Teatro e quattro cantanti solisti di prestigio: soprano Maria Agresta, mezzosoprano Ekaterina Semenchuk, tenore Giorgio Berrugi, basso Riccardo Zanellato.

L’ammirazione di Giuseppe Verdi per Alessandro Manzoni ha lasciato diverse tracce nell’opera del compositore: dalle composizioni giovanili alle citazioni sparse nei libretti delle opere, da Ernani a Un ballo in maschera, senza dimenticare la vicinanza di temi e personaggi tra I promessi sposi e La forza del destino.

Il primo e unico incontro tra i due era avvenuto nella casa dello scrittore, il 30 giugno 1868, preceduto da uno scambio di fotografie. “Come spiegarvi la sensazione dolcissima, indefinibile, nuova, prodotta in me alla presenza di quel Santo, come voi lo chiamate? Io me gli sarei posto in ginocchio dinanzi, se si potessero adorare gli uomini… Quando lo vedete, baciategli la mano per me, e ditegli tutta la mia venerazione”, scriveva Verdi subito dopo all’amica contessa Clarina Maffei.

Manzoni si spense il 22 maggio 1873, e il giorno dopo Verdi scriveva a Giulio Ricordi: “Sono profondamente addolorato della morte del nostro Grande! Ma io non verrò domani a Milano, che non avrei cuore d’assistere a’ suoi funerali. Verrò fra breve per visitarne la tomba, solo e senza essere visto, e forse (dopo ulteriori riflessioni, e dopo aver pesate le mie forze) per proporre cosa ad onorarne la memoria”. Quella “cosa” è la Messa da Requiem, che venne eseguita per la prima volta il 22 maggio 1874 nella chiesa di San Marco a Milano a un anno esatto dalla morte di Manzoni.

Per Verdi, non credente, è un confronto col mistero della morte. Equivale cioè “a chiedersi la ragione della vita, il perché del nostro fare e del nostro soffrire, lo scopo e il senso di tutto questo”, come scrive il musicologo Massimo Mila. Secondo cui “protagonista ne è l’uomo vivo, non il defunto, e il luogo dell’azione ne è questa terra, non l’aldilà. Tutto il tumulto delle passioni e dei negozi umani vi ribolle ancora, esagitato e sconvolto dalla certezza della fine”. Scritto per orchestra, coro e quattro cantanti solisti, il Requiem è un grande affresco sonoro, dove convivono la preghiera fiduciosa, la supplica, lo slancio eroico.

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