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Palermo, gli bruciano l'azienda e non paga le tasse: assolto, è vittima della mafia

Non esiste reato fiscale se sei vittima della mafia. È, nella sostanza, la formula di assoluzione, adottata dal tribunale di Termini Imerese e pronunciata dal giudice monocratico, dottoressa Daniela Mauceri, in favore di Salvatore Contrò, ex amministratore unico della società Pifa Trasporti e Logistica. L’imprenditore, originario di Ficarazzi, era finito sotto processo per avere evaso le imposte sui redditi e sull’Iva per un importo complessivo di 170 mila euro.

La vicenda risale al 2011. È stata l’Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale delle Entrate per la Sicilia, nella persona del direttore pro-tempore, a denunciare Contrò per evasione di imposte e tasse dovute allo Stato. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a un anno e mezzo di reclusione. All’imprenditore è stato contestato di non avere presentato la dichiarazione relativa alle imposte sui redditi e sull’ Iva per l’anno 2011, risultando così evase imposte dirette (Ires) per un totale di 72.376 euro e Iva per complessivi 97.338 euro.

Contrò, a partire dal 2009, aveva assunto la qualifica di amministratore unico della società. Per l’anno d’imposta 2011 non era stato in grado di presentare la dichiarazione dei redditi della società di cui era amministratore a causa di un particolare evento accaduto poco prima. In particolare, era stato dato fuoco, per mano mafiosa, ai locali adibiti a magazzino della sua società, a Palermo in via Prospero Favier, nella zona industriale di Brancaccio. Per quanto emerso dal dibattimento, Salvatore Contrò è stato assolto perché il fatto non costituisce reato, relativamente all’Ires e perché il fatto non sussiste per il mancato versamento Iva.

I fatti risalgono al 10 di marzo 2011, quando un incendio doloso, all’interno dell’area industriale di Brancaccio mandò in fumo diversi capannoni, tra i quali il suo, carbonizzando tutto. Le fiamme si sono sviluppate da uno dei capannoni della ditta Forni Spinnato, in via Pecoraino, nel cuore della zona riservata alle attività produttive, confinante con il deposito dei mezzi dell’Amia. Gravissimi i danni arrecati in alcuni capannoni di proprietà della Forni Spinnato, ma locati ad altre aziende. Fiamme altissime e scene apocalittiche. Una decina di squadre dei vigili del fuoco lavorarono per tutta la notte e, solo all’alba riuscirono a domare il rogo.

Secondo i carabinieri di Brancaccio, che hanno indagato sull’episodio, era molto probabile che l’incendio fosse di natura dolosa. Nei lucchetti di tutte le serrature dei capannoni incendiati c’era colla di tipo Attak. La scoperta a una prima ricognizione fece privilegiare la pista del racket delle estorsioni. Le fiamme partirono dal deposito della ditta di autotrasporti Costanzo per poi propagarsi anche verso altre due aziende affittuarie dei capannoni. L’incendio fece danni per oltre venti milioni di euro. La doppia modalità, l’attak e poi l’incendio, presuppone l’opera di una squadra ben organizzata.

«Il mio cliente aveva una azienda discreta e conduceva una vita dignitosa. L’incendio del deposito lo ha ridotto in miseria - dichiara l’avvocato difensore Camillo Traina -. Non ha mai ricevuto nulla dallo Stato, neanche un minimo risarcimento del danno subito. L’agenzia delle entrate ha bussato alla sua porta, invece, chiedendo tasse che lui non poteva pagare. Hanno trasmesso tutto alla Procura di Termini che ha avviato un’indagine e poi un processo per reati fiscali. Non ha pagato perché non poteva letteralmente pagare. La scelta era fra sostenere la propria famiglia o pagare le tasse. Contrò è una vittima della mafia».

 

 

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