La forza dell'acqua in pochi minuti ha sollevato le auto riparate tra locali e officine, riuscendo persino a farle stare «in piedi» rispetto al pavimento. Un'onda d'urto micidiale quella che si è abbattuta il 15 luglio del 2020 a Palermo, anche tra viale Lazio e viale Michelangelo, altro punto nevralgico con il suo sottopasso, durante l'alluvione che ha messo in ginocchio la città facendo sfiorare la tragedia. Morti non ce ne sono stati, seppur lo scenario avesse tutti i contorni del dramma vissuto dagli automobilisti intrappolati nelle macchine sommerse dalla pioggia caduta copiosamente in pochi minuti. Ma i danni all'economia del territorio furono numerosi e restano a tutt’oggi ancora senza «giustizia». Proprio a quella si sono rivolti i legali di alcune grosse aziende che adesso, con la conferma che il governo nazionale non ha riconosciuto lo stato di calamità naturale per quell'evento, battono cassa nelle aule del tribunale civile per ottenere gli indennizzi dal Comune o dalla Regione.
La causa più onerosa vede protagonista Prezzemolo & Vitale, rappresentata dall'avvocato Alessandro Palmigiano: 2 milioni e mezzo di euro la richiesta che sarà discussa nella prossima udienza di novembre, mentre ammonta a un valore complessivo di altri 500 mila euro il risarcimento avanzato da due concessionarie difese dall'avvocato Giuseppe Cascina, che presenterà la memoria istruttoria durante l'udienza del 27 settembre. Chi tra i due Enti dovrà pagare questo conto, ancora non è chiaro. Ma di certo la questione si inserisce in un momento difficile per la nuova amministrazione di Palazzo delle Aquile, ancora alle prese con il piano di riequilibrio, i bilanci non approvati e soprattutto il dissesto che è sempre alla porta.
I contenziosi, quindi. Quello che all’epoca era il deposito di tutti i magazzini della Prezzemolo & Vitale spa, con oltre 2 milioni di euro di merce, venne completamente sommerso dall’acqua, distruggendo tutto, anche i camion che si trovavano all’interno. I proprietari della catena di supermercati, dipendenti e collaboratori rimasero impegnati per oltre 72 ore sul posto, per cercare di salvare il salvabile. Da una indagine compiuta da un perito nominato dall’azienda, è emerso che «le opere di difesa idraulica nell’area colpita sono del tutto insufficienti» e che, per tale ragione, la zona è da decenni esposta a fenomeni come quello accaduto appunto nel 2020. «Una carenza già nota al Comune - sottolinea Palmigiano, che nella causa è affiancato da Licia Tavormina - all’epoca della redazione della documentazione esaminata e quindi in tempi abbondantemente antecedenti alla data in cui si è verificato l’evento». Il consulente di parte ha evidenziato che l’inondazione che ha provocato l’allagamento dei locali «è stata provocata dalla inadeguatezza del sistema di opere che dovevano assicurare la difesa idraulica del territorio, ciò anche tenuto conto della mancata realizzazione delle opere integrative previste già nel 1987». In particolare, proprio nel sistema di canali Passo di Rigano e delle reti fognarie. Una carenza emersa anche dall’esame della relazione generale del piano di Protezione Civile. «Il Comune è responsabile come proprietario delle strade e per non avere adeguatamente adottato opere di difesa idraulica - aggiunge Palmigiano -. Gli enti regionali per non avere provveduto alla progettazione di opere di presidio e per l'omessa gestione e manutenzione delle opere idrauliche». La stessa protezione civile regionale ha recentemente parlato di un guasto al sistema di sollevamento idraulico.
In più, la incombente situazione di pericolosità non è stata nemmeno divulgata, preavvisando la popolazione che avrebbe potuto predisporre difese per evitare l’allagamento dei propri locali, soprattutto se posti ai piani cantinati e quindi più immediatamente esposti alla invasione dell’acqua. Ne hanno pagato le spese la Nuova Siciliauto (catena Stella Artis) che si trova all’angolo tra viale Lazio e via Aspromonte, sulla bretella in direzione Trapani. E la vicina, ma all’angolo opposto su viale Michelangelo, Veg Motors, concessionaria di auto Honda, posizionata vicino alla rotatoria sulla corsia che porta all’autostrada per Catania. Non hanno avuto scampo il cantinato, il piano terra ed il magazzino della Nuova Siciliauto, dove la furia dell’acqua ha raggiunto l’officina facendo crollare i ponteggi: 300 mila euro i danni e giorni per potere riavviare l’attività. Quattro metri il livello dell’acqua che ha invece sfondato il cancello della Veg Motors e sommerso macchine e attrezzature.
«La cosa più allucinante - spiega il legale Cascina - è la mancanza do comunicazioni da parte degli Enti preposti ai risarcimenti. Che non ci sarebbe stato il riconoscimento dello stato di calamità lo abbiamo appreso dalla stampa. Ma che non si trattasse di un caso fortuito e imprevedibile lo dicono le carte e gli allagamenti dopo la pioggia che sono costanti dal 2013 al 2020. Quel giorno i vigili del fuoco erano giustamente impegnati a salvare vite umane e questi commercianti se la sono dovuta sbrigare da soli per evitare il peggio. Li ho trovati con le lacrime agli occhi, avevano perso anni e anni di sacrifici». Nel caso della Veg, la richiesta di risarcimento è di 230 mila euro. Nell’udienza di settembre, il giudice verifica la regolare costituzione delle parti e parti assegna i termini per il deposito delle memorie. In quella di ottobre sarà invece chiamato a pronunciarsi sulle richieste istruttorie avanzate dalle parti nelle memorie.
Nelle foto i danni alle aziende
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