Il sogno di una mega-vincita al Superenalotto in tempi di jackpot alle stelle per sollevare da mille incombenze economiche i capi del mandamento, a cominciare dal mantenimento dei detenuti, e fare sparire come d’incanto l’odiosa tassa del pizzo in una città ancora pesantemente afflitta dal racket delle estorsioni. Nelle pagine dell’inchiesta sfociata nelle due operazioni Vento contro boss e picciotti di Porta Nuova c’è spazio anche per le fantasticherie. Uno dei capitoli dell’informativa affidata dai carabinieri del Nucleo investigativo ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia è intitolato I sogni a occhi aperti di Domenico Lo Iacono, uno dei personaggi finiti in manette.
«Ogni settimana mi gioco sempre gli stessi numeri del Superenalotto - dice Lo Iacono parlando con un commerciante del centro storico che aveva concesso un prestito alla cosca -. Se prendessi 50 milioni di euro, li adotterei tutti. Andrei dal capostazione (il capomafia, ndr) e gli direi: “me la sbrigo io, avete sette-otto cristiani, ci penso io”. Così gli leverei questo peso dalle spalle». Lo Iacono aggiunge che, in caso di vincita, sarebbe anche andato dal Lungo (Tommaso Lo Presti, considerato il capo del mandamento, ndr) per convincerlo anche ad allentare la pressione del pizzo sui piccoli commercianti: «C’è un’attività piccola? Vabbè, niente… a posto», aggiunge Lo Iacono, che, immaginando le parole del boss, dice: «Non vi arrissicate più a inquietare i cristiani che lavorano e lasciateli quieti, se non vi ammazzo a bastonate».
L’uomo ritiene che solo con gli interessi maturati ogni anno con il deposito in banca molti affiliati potrebbero tranquillamente ricevere una rendita di circa tremila euro e rinunciare ai propositi criminali, lasciando anche la città. «Si scorderebbero la galera per godersi i figli e i nipoti. Tanto non ti manca niente». Parole che la dicono lunga su quanto sia visto con sofferenza il pizzo anche dagli stessi affiliati alle famiglie.
Ma, al di là dei sogni, il mandamento ha bisogno di tanti soldi e le estorsioni rappresentano pur sempre una fonte di guadagno. Il grosso degli incassi arriva dal traffico di droga, ma tra i business ci sono anche il gioco d’azzardo e le scommesse clandestine. Il danaro non basta mai e Giuseppe Incontrera, assassinato il 30 giugno scorso in via Imperatrice Costanza, è anche costretto a chiedere un prestito a un negoziante.
Nell’esame delle singole posizioni al vertice del mandamento, gli inquirenti si soffermano sul progressivo ruolo di comando assunto da Giuseppe Auteri, riuscito a sottrarsi alla cattura così come Nicolò De Michele. I due adesso sono ricercati. Auteri, in particolare, grazie all’appoggio di Tommaso Lo Presti sarebbe stato affiancato a Incontrera a far data dal 2020 nella gestione della cassa, un incarico che con il passare dei mesi si sarebbe rafforzato sino a diventare esclusivo. Nel gennaio del 2021 i carabinieri registrano un incontro ai Danisinni tra Lo Presti, Auteri e Incontrera in cui discutono di 200 euro chiesti a un fruttivendolo che, però, non pagava ormai da dieci anni. Incontrera dice di starsi allibertandu, lasciando intendere, secondo gli inquirenti, di avere perfezionato il passaggio di consegne della gestione della cassa ad Auteri.
Il boss detto il Lungo raccomanda ai suoi la massima prudenza, di «buttare i telefoni» in occasione degli incontri per evitare di incappare nelle intercettazioni delle forze dell’ordine. «Io quando parlo con lui il telefono lo butto - dirà poi Incontrera a un amico - perché mi rimprovera». Ma, nonostante la prudenza e l’accortezza nelle comunicazioni, gli investigatori hanno registrato una montagna di conversazioni tra gli indagati. Migliaia e migliaia di pagine piene zeppe di ragionamenti e strategie criminali nel mandamento di Porta Nuova che hanno consentito di fare scattare due retate nell’arco di pochi giorni, di fermare propositi di vendetta e progetti di omicidi in una fetta della città attraversata da forti fibrillazioni e tensioni mafiose.
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