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Il delitto di Caccamo, così Pietro cercò di depistare le indagini sulla morte di Roberta

Pietro Morreale, il ventenne accusato di aver ucciso la fidanzata, Roberta Siragusa, avrebbe cercato in tutti i modi di depistare le indagini sulla morte della giovane, uccisa a Caccamo la notte tra il 23 e il 24 gennaio dello scorso anno. E’ quanto emerso nel corso del processo a carico di Morreale durante il quale sono stati sentiti i primi testimoni.

Quei messaggini mandati per depistare le indagini

L’imputato avrebbe cominciato a confondere le acque per cercare di salvarsi dall’inchiesta poche ore dopo il delitto quando prese a inviare messaggi al telefono di Roberta, fingendo, secondo gli investigatori, un’esasperata preoccupazione nei confronti della ragazza. Roberta non era tornata a casa quella notte e la famiglia la cercava disperatamente. «Vita, Amoooo», «non ho potuto dormire», «mi hanno fatto 1000 chiamate tua madre e tuo frate», «dove sei?», «un’ora di sonno ho», «dove cazzo sei?». Sono alcuni dei messaggini che l’imputato ha mandato al telefono di Roberta che, secondo i pm, era già stata assassinata e bruciata nei pressi del campo sportivo di Caccamo. Oggi in aula sono stati sentiti il luogotenente dei carabinieri Alessio Cuccia, comandante della stazione di Caccamo, il brigadiere Michele Del Gaudio in servizio a Caccamo e il tenente della Compagnia dei Carabinieri di Termini Imerese Nicola De Maio.

Al maresciallo raccontò che Roberta si era data fuoco

Il maresciallo Cuccia ha riferito di avere incontrato Pietro Morreale, in compagnia del padre, davanti alla caserma di Caccamo. Il giovane avrebbe riferito al maresciallo che Roberta, dopo una lite, si era data fuoco utilizzando della benzina che si trovava all’interno della propria autovettura. Un racconto che sarebbe stato smentito dallo stesso padre che aveva riferito ai carabinieri che il figlio era rientrato a casa alle quattro e che alla notizia della morte di Roberta era svenuto. Da quel momento sono iniziate le ricerche del corpo della giovane che poi venne trovato a Monte Rotondo in un dirupo.

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