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Mafia a Borgetto, quasi un secolo di carcere per boss e figli: nomi e foto

La seconda sezione del Tribunale di Palermo ha condannato quattro dei dieci imputati ritenuti appartenenti ai clan di Borgetto.

La pena più alta l’ha avuta Nicolò Salto, al quale è stata applicata la continuazione con tre precedenti sentenze per fatti di mafia ed estorsione: il capocosca dovrà scontare complessivamente 27 anni di carcere e 24, con lo stesso meccanismo della continuazione, sono stati dati a Giuseppe Giambrone, altro uomo forte del gruppo.

Condannati pure i rispettivi figli: Antonio Salto ha avuto 17 anni e Francesco Giambrone 16.

Assolti invece gli altri sei imputati: sono Antonino Frisina, Tommaso, David e Antonino Giambrone - anche loro figli di Giuseppe - e i fratelli imprenditori Francesco e Salvatore Petruso. Per loro la Procura aveva chiesto complessivamente 140 anni di carcere.

Nicolò Salto scampò a un agguato di mafia, mai chiarito, anche se inquadrato nella guerra di mafia con i coimputati Giambrone. L’accusa era rappresentata dall’attuale procuratore aggiunto Annamaria Picozzi.

L’indagine originaria, denominata Kelevra, riguardava in origine anche il giornalista di Telejato Pino Maniaci, di Partinico, ma le posizioni erano completamente diverse e la posizione dell’anchorman antimafia era stata stralciata. Pure Maniaci è accusato di estorsione, ma «semplice», non aggravata da vicende di mafia e diretta contri i sindaci di Partinico e Borgetto e un assessore di quest’ultimo paese.

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